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Il primo piano di Pietro Greco
Pietro Greco, apprezzato giornalista e divulgatore scientifico e ambientale, è mancato a 65 anni lo scorso 18 dicembre

Paesaggio e passaggio, l’umano svelato nel tributo in foto a Pietro Greco

Lo scorso dicembre il celebre chimico divulgatore è morto prematuramente nella sua Ischia, dov'era nato. L'amico e fotografo Roberto Besana gli dedica un libro di immagini e riflessioni. Un progetto dello stesso "professore", divenuto tributo, a cui hanno partecipato sessantacinque amici e colleghi
2 Giugno, 2021
3 minuti di lettura
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Un proverbio dice che quando l’uomo fa progetti, Dio ride. Ride della nostra illusione di poter comandare il destino ma, nonostante tutto, viviamo per progettare. Il giorno della scomparsa di Pietro Greco, in molti lo hanno ricordato dicendo che proprio pochi giorni prima lo avevano sentito per quel tal progetto da fare insieme. Progetti tutti diversi, perché Pietro Greco sembrava instancabile: l’impegno come saggista, giornalista, direttore di giornale, come conduttore radiofonico, come docente nei Master di comunicazione della scienza e, con la pandemia, sembrava aver raddoppiato anche il suo impegno negli incontri con il pubblico, facilitati dai webinar.

 

La lezione di Pietro Greco agli studenti del corso di
Divulgazione naturalistica sulla comunicazione della scienza

 

Un progetto divenuto tributo

Stava progettando anche un nuovo libro fotografico con Roberto Besana, un libro che seguisse L’albero, presentato poche settimane prima della scomparsa del chimico divulgatore. E quel progetto Roberto Besana non l’ha accantonato ma lo ha trasformato in un tributo all’amico, chiedendo ad altri 65 amici di Pietro (65 come gli anni che aveva al momento della sua morte) di scrivere pensieri, parole, riflessioni sul nostro paesaggio in cambiamento a corredo delle 65 foto in bianco e nero dello stesso Besana. È nato così Il paesaggio, un libro fotografico diviso in quattro parti a cui hanno contribuito tanti nomi del giornalismo scientifico, ambientale e della divulgazione che molto devono al lascito di Pietro Greco. Fra i contribuiti, anche le parole di Rossella Panarese, ideatrice di Radio3 Scienza, anche lei prematuramente scomparsa pochissimi mesi dopo Greco. Ad ogni autore è stata lasciata libertà di interpretare l’immagine prescelta, ne è nato un volume che alterna ricordi dell’amico a riflessioni sul tempo che passa, riferisce dell’opera di cambiamento dell’uomo sul paesaggio, fa riflettere sulla compenetrazione tra mano umana e natura, sulla vita in armonia, sulla sua distruzione.

 

 

Paesaggi, o della natura come costruzione

La premessa è che il paesaggio non è la natura in quanto tale, ma è una sua elaborazione, una sua costruzione. Quello che la macchina fotografica coglie è un momento di una porzione scelta di spazio: la luce, la profondità o il dettaglio condizionano la percezione, portando i 65 autori a vedere e sentire in modo diverso questa costruzione. Paesaggio che è anche luogo dell’anima e del ricordo: ed allora la natura prepotente che si fa spazio tra mura diroccate diventa il ricordo di una pur vicina vita rurale, l’ombra degli alberi che si allunga al tramonto suscita la riflessione sul tempo umano scandito dal sole e sostituito invece dagli impegni calendarizzati in agenda. Nelle foto, nuvole grigie e cariche di pioggia schermano accecanti bagliori solari esaltati dal bianco e nero, che non lasciando ai colori la possibilità di suggerire momenti e storie, fa concentrare sul gioco delle ombre e dei particolari. Vediamo impronte sulla neve candida, la verticalità delle vette contrapposta all’orizzontalità delle linee elettriche che con forza dichiarano la presenza umana, così come le betulle ordinatamente allineate sull’argine del fiume, che creano linee e schemi umani che la nebbia della valle padana prova a confondere.

 

Il buio e la luce, elegia di un passaggio continuo

Acqua, roccia, cieli pesanti ma anche strade, linee di orizzonte come spunto per riflettere sul nostro vivere la Terra, su cosa stiamo facendo al Pianeta, sulla conoscenza e sul pensiero. Perché fra le cose che si riconoscevano a Pietro Greco c’era proprio la sua vasta conoscenza, il suo studio e approfondimento continuo che ha insegnato ai suoi tanti studenti. Le presenze ma anche le assenze nelle foto, permettono agli autori di parlare di antropocene, della distruzione della bellezza colta dalle immagini, di responsabilità verso il futuro, di presa di coscienza presente. Così come ha modo di dire Settimo Termini, lasciandosi ispirare dalla foto si un cielo carico che quasi schiaccia la terra, nell’uomo arte e scienza dialogano di continuo, così come dialogano nel commento e nella foto che le fa dapretesto.

Fra tante suggestioni evocate da libri, quadri, fumetti e film, in un continuo rimando di riferimenti, ogni foto e ogni testo che la correda accompagna il lettore a nuove riflessioni, a nuovi legami da trovare anche a contrapporsi, con la propria visione, a ciò che invece l’animo degli autori vede e descrive.

Alla fine, quella che ne emerge è una riflessione sull’umano, nelle varie sfaccettature, e infatti ricorrono spesso le parole Homo sapiens in luogo di uomo, perché la riflessione è anche sulla nostra specie in relazione alle altre, sul nostro potere di condizionarne i destini. L’ultimo quadro racchiude la “Breve elegia in morte di Pietro Greco”, lasciata al fotografo Vasco Ascolini che accompagna la foto di una barca nella quiete di un momento di passaggio fra notte e giorno: la luce irrompe da destra, il buio è ricacciato in un angolo a sinistra;la barca si riflette nel suo doppio tenebroso dai margini taglienti: la vita e la morte, il prima e il dopo tutto in un attimo.

 

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