Ieri con voto unanime la Commissione Affari Giuridici dell’Eurocamera (Juri) si è espressa contro l’iter giuridico voluto dalla Commissione europea per far approvare il piano di riarmo europeo (ReArm Eu) di 800 miliardi di euro sostenuto da Ursula von der Leyen. La decisione della Commissione non riguarda il provvedimento in sé, il suo contenuto ‒ il Parlamento europeo ha già accolto con favore il piano lo scorso 12 marzo ‒ ma l’uso dell’art. 122 dei Trattati sul funzionamento dell’Unione europea.
Vale a dire una misura di urgenza che solo in casi particolari consente di approvare provvedimenti senza passare per il Parlamento.
Base inappropriata
Il servizio stampa dell’Eurocamera ha spiegato che proprio l’uso dell’art. 122 non è «base giuridica appropriata per questa proposta», quindi non è il percorso legale per avviare il Safe, il prestito di 150 miliardi di dollari di prestiti agli Stati membri per investimenti nella difesa. C’è inoltre un fatto politico da segnalare: nemmeno gli eurodeputati del Ppe hanno accettato lo stratagemma voluto dalla presidente della Commissione europea, sentendosi scavalcati. Von der Leyen ora è di fronte a un bivio: proseguire con la procedura di urgenza che esclude il Parlamento europeo, oppure trasformare il provvedimento in un normale regolamento sul quale dovranno confrontarsi i parlamentari. Un richiamo alle procedure democratiche che tuttavia non incide sulla costruzione di una politica europea di pace.


Cosa accade adesso
Sul tema abbiamo raccolto il parere di Francesco Vignarca, coordinatore delle Campagne di Rete italiane Pace e Disarmo: «Non penso che si possa definire questo passaggio, che è per lo più procedurale e tecnico, come una vittoria del movimento pacifista. Sicuramente dimostra che per arrivare all’attuazione del piano di riarmo che von der Leyen ha in mente, soprattutto per quanto riguarda il riarmo degli stati membri, non si guarda in faccia a nessuno».
Era già successo in passato, con altre Commissioni, che al parlamento europeo fosse impedito di controllare fondi, come quelli dell’European Investment Fund: «In questo caso però non è stato chiesto nemmeno un voto formale. L’articolo 122 ha un doppio problema: da un lato procedurale, quello di bypassare l’organo più democratico nell’Unione europea; dall’altro simbolico visto che prevede di sospendere tutto, invocando una grave crisi con lo scopo di favorire un pensiero militarizzato, senza dare spazio a idee diverse. E questo è molto preoccupante. Sicuramente è utile che ci sia la decisione della Commissione giuridica, perché sottolinea il problema formale, tuttavia non credo che fermi tutto. Dopotutto il Parlamento europeo è già schierato, ma ciò permette a noi di far emergere tutte le contraddizioni».


La campagna Stop al riarmo
È fondamentale allora coinvolgere sempre di più la società civile nei processi democratici e stimolare le riflessioni sul disarmo: «Con la campagna contro le spese militari e il riarmo, in particolare con le giornate di mobilitazione globale della “Global Campaign on Military Spending” fino al 9 maggio e con la campagna “Ferma il riarmo”, che fa parte dello Stop Rearm Europe, cercheremo di amplificare questi elementi» ha aggiunto Francesco Vignarca. E ancora:
«Continueremo nella nostra azione che rende evidente l’insensatezza del riarmo e la necessità di spostare i fondi su altri ambiti, per sostenere le comunità statali e locali».