La spesa sballata

Rifiuti e imballaggi, a Varese arrivano le famiglie “sballate”

Si chiama La famiglia sballata ed è un progetto innovativo. I partecipanti devono aderire ad almeno una delle azioni anti rifiuti previste. Si inizia dall'eliminazione degli imballaggi, facendo la spesa solo con quelli riusabili
27 Novembre, 2020
3 minuti di lettura

“Famiglie sballate” che fanno una “spesa sballata”. La famiglia sballata è un progetto entusiasmante ed innovativo che nasce nella provincia di Varese grazie alla collaborazione tra Totem, Osservatorio Provinciale Rifiuti e  Scuola Agraria del Parco di Monza. «Nel 2018 – racconta Silvia Colombo, operatrice di Ars, braccio tecnico della Scuola Agraria del Parco di Monza – in occasione della Settimana Europea di Riduzione dei rifiuti, nasce il progetto delle Famiglie sballate. Inizialmente abbiamo selezionato solo una famiglia testimonial, dopo un anno se ne sono aggiunte 33 e ora abbiamo raggiunto quota 60 famiglie!». 

Chi vuole partecipare, spiega Colombo, deve impegnarsi a fare almeno una delle dieci azioni di riduzione dei rifiuti (dai pannolini lavabili, all’acqua di rubinetto): «E poi deve avere la curiosità mentale di fare le altre. Abbiamocreato un gruppo Whatsapp, e lì le famiglie si scambiano idee progetti, soluzioni». 

Per una spesa ecologica e “sballata”

La  “Spesa Sballata” è una sperimentazione che si sviluppa tra il 2020-2021. Il progetto è realizzato con il contributo della Fondazione Cariplo (Bando Plastic Challenge 2019) ed è sostenuto dal Comune di Varese, Coop Lombardia e Carrefour Italia. Da tempo in Italia si riscontra difficoltà nell’utilizzare contenitori portati da casa, nei reparti di gastronomia e asporto. Una pratica normale in altri paesi ma che da noi è praticamente resa impossibile da una marea di vincoli e procedure sanitarie e igieniche. Una pratica attiva solo in alcuni piccoli negozi o nei mercatini diretti. Sono fioriti negli anni alcuni progetti coraggiosi, ricordiamo a Terni il progetto di EcologicPoint, vincitore Serr2015 Portati il contenitore da casa, aiutaci a diminuire gli imballi dei reparti di gastronomia: una serie di piccoli negozi aderenti invitavano i clienti a portarsi i contenitori da casa, facendo firmare una lettera di autocertificazione da parte del cliente.

 

 

In controlli della Asl

Ma la Gdo ne è sempre restata fuori. «Questa invece vuole essere una vera e propria sperimentazione, con tanto di Asl coinvolta, per mettere a punto le procedure necessarie per estendere questa pratica in tutta Italia», spiega Silvia.  Come funziona in pratica? Ci sono nove punti vendita sparsi nella provincia di Varese che aderiscono tra supermercati Coop e Carrefour. Le famiglie si recano al supermercato con i contenitori dati in dotazione ( di plastica, di diverse dimensioni, con un logo e coperchio), nei reparti di gastronomia, pescheria, panetteria e macelleria, danno all’operatore il contenitore che verifica se è pulito e asciutto. Fatta questa verifica, l’operatore pesa il contenitore, fa la tara, riempie, e consegna al cliente che va alla cassa.

 

Lo sballo di una spesa sostenibile

Cristina, mamma di un bimbo di 1 anno che sta partecipando al progetto racconta: «Gli altri clienti mi guardano e sono incuriositi, vorrebbero farlo anche loro!! Gli operatori sono gentili, si accorgono che questa modalità piace alla gente. Un limite del progetto? Che possiamo usare solo i contenitori con logo, dati in dotazione, e non i nostri. Spero che presto il progetto si ampli ed esca dalla fase sperimentale per diventare la normalità per tutti».  Al progetto hanno aderito 33 famiglie, delle 60 famiglie sballate. «Le altre non hanno aderito perché evitano il supermercato e prediligono la filiera corta. A Varese c’è Equos una realtà molto grande di Gas con 2000 famiglie attive», commenta Silvia Colombo. 

«Questo progetto – continua l’operatrice Ars – è importante non tanto per le famiglie, quanto per la Gdo perché permette di sperimentare con pochi clienti selezionati procedure, formare dipendenti, calibrare le bilance, creare dei codici ad hoc da far passare alla cassa, riformulare Haccp attivando la Asl». 

Il riusabile è molto più igienico

Il Covid ha rallentato il progetto solo di qualche mese. Enzo Favoino, pasionario del movimento Zero Waste e  referente scientifico della Scuola Agraria del Parco di Monza afferma:

«Contrariamente a quanto spesso si pensa, l’utilizzo di imballaggi lavabili, è un fattore protettivo al contagio. Le evidenze scientifiche ci segnalano che è proprio il monouso ad essere un possibile fattore di diffusione del virus, perché aumenta il turnover di materiali che dall’esterno entrano nella nostra vita quotidiana. Il riusabile, essendo “personale” diminuisce l’evenienza di contagi dall’esterno». 

 

Ridurre i rifiuti, anche nella Gdo

Il problema dei rifiuti è molto grave. A Varese si producono 500 chilogrammi all’anno pro capite di rifiuto indifferenziato (come la media italiana). La plastica è ancora superiore alla media provinciale ed è in costante ascesa. I progetti per la riduzione dei rifiuti, anche nella Grande Distribuzione Organizzata, devono quindi decollare.

Per informazioni on line e per seguire gli sviluppi del progetto c’è una pagina Facebook dedicata

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