Un cosa che non ho mai capito è l’idea socialmente diffusa di separazione e contrasto tra la tecnologia e la natura. Forse è per la mia abitudine a stare con i bambini che, se non li si mette a forza in situazioni di separazione artificiosa delle aree dell’esperienza, riescono con estrema facilità a metterle d’accordo.
I bambini (ci) guardano…
Già ho scritto qualcosa qui sull’uso della fotografia e del video nell’osservazione per esempio dei piccoli animali. Fondamentale, in questo caso, sono i piccoli schermi a cristalli liquidi dei moderni attrezzi da ripresa, perché si crea subito dal vivo una doppia visione istantanea, una “realtà aumentata” che funziona alla grande nel gruppo dei bambini.
«Che grande!», grida una voce di bambino di 5 anni osservando direttamente alle mie spalle nello schermo la forbicina che sto inseguendo col video, ravvicinatissima nell’obiettivo macro. «No, è piccola!», gli fa eco la voce di un altro bambino, che sta guardando da un’altra angolazione la stessa forbicina, ma con i suoi occhi!
…e anche gli insegnanti
Situazioni semplicissime, che si verificano senza nessun bisogno di studio o preparazione, con anche certi insegnanti che mai avevano provato a fotografare o filmare in macro che sperimentano di persona quale straordinario strumento hanno in mano, per conoscere la realtà e per trovare un canale diretto di condivisione dell’esperienza, in cui tecnologia, mondo naturale ed emozione si esaltano a vicenda. Non serve essere Steven Spielberg.
«Come faccio – si sente nel video – a riprendere da vicino?», domanda una maestra che manovra la videocamera più o meno per la prima volta. La mia risposta non arriva, perché in quel momento sono impegnato in una complicata fotografia. Dopo poco si sente la voce della maestra che, in pratica, si risponde da sola: «Ah ecco, vado vicino!». Alla faccia di tutti i corsi di tecnica video!
Tecnologia versus aracnofobia
E si moltiplicano le situazioni semplici e però ricche da un punto di vista umano, nonché illuminanti di quanto possa essere caldo e non banale l’uso dello strumento tecnologico. Come in questo video di diversi anni fa, in cui a provare la sua prima ripresa di un ragno era una maestra che aveva il terrore dei ragni. In tempi di scuola a distanza molti si sono cimentati con le video lezioni, e va bene. Ma non ci si può aspettare che i bambini e i ragazzi ricevano molto da un insegnante che parla in modo impacciato e monocorde di fronte a un telefonino, magari tenuto verticale, con metà dell’inquadratura che riprende il muro di dietro.
Azzolina: ‘In Cdm ipotesi scuola a distanza a settembre’. La ministra dell’Istruzione: ‘Penso al problema atavico alle classi pollaio in cui è difficile tenere il metro di distanza’ #ANSA #coronavirus https://t.co/5RGoKp2LrN
— Agenzia ANSA (@Agenzia_Ansa) April 5, 2020
Comunicare, non “adattarsi”
Non è questo un uso appropriato del video, come non è un uso appropriato di una presentazione multimediale la sequenza di diapositive power point in cui si leggono scritte le stesse parole che l’oratore sta pronunciano a voce dalla propria postazione. Forse esempi come “il ragno e la maestra”, o altri in cui si vede l’utilizzo dei mezzi tecnologici dentro e non sopra alla nostra vita, possono servire a modificare l’atteggiamento di chi, anche di fronte a situazioni che non funzionano o non si capiscono, pensa che siamo noi umani a doverci comunque adattare.
Perché dietro alle sequenza video e ai power point ci sono persone che vivono, pensano si emozionano e cercando di conoscere e comunicare, così come dietro al software astruso della pubblica amministrazione, ci può essere un programmatore poco attento, a cui qualche funzionario non ha dato le giuste istruzioni. E, ripartendo da una dimensione ecologicamente umana, si può affrontare la difficile società dell’informazione globalizzata con l’idea che si può sempre provare a fare le cose meglio, insieme.