In un libro del 1999, Come usare il computer con i bambini e i ragazzi, scrivevo: «Internet, nel bene e nel male, è probabilmente la più grossa occasione di democrazia che il mondo abbia mai conosciuto, perché chiunque e non solo, come finora accadeva, chi detiene un qualche potere politico ed economico, può informare chiunque, a proposito di qualunque cosa».
Una democrazia vera però si realizza quando i cittadini, oltre ad andare a votare ogni qualche anno, partecipano attivamente alla vita delle comunità e quindi si assumono anche ognuno la loro piccola parte di responsabilità.
E in una società consumistica, individualistica, cresciuta con la passività della televisione, responsabilità è per lo più sinonimo di seccature. Così come non è bello per il mercato che, stimolati da possibilità rese evidenti dal saper maneggiare con competenza un personal computer, ci siano cittadini che si mettono a produrre in prima persona contenuti che prima erano costretti semplicemente a comprare.
Irrealtà virtuale
Così hanno inventato i social network! Ambienti virtuali in cui può entrare chiunque, anche quelli che un computer lo sanno a mala pena accendere, per raccontare e discutere, pubblicare in massa foto e video, sentirsi attivi e appagati, quando in realtà tutto resta lì, toccando pochissimo il mondo reale, in piattaforme sostanzialmente chiuse i cui padroni stabiliscono le regole e, in cambio di un accesso gratis, rivendono poi a fini commerciali i nostri dati e la nostra stessa presenza on line, al punto da guadagnarci miliardi.
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Per i bambini è diverso. La responsabilità per loro è una cosa che aggiunge valore alla vita, molto più del divertimento fine a se stesso. Assegnare a un bambino un compito importante, dargli l’occasione di essere attore di quello che fa, lo rende felice.
Responsabilizzare con la rete
Ancora meglio se si tratta di una responsabilità di gruppo, in cui gli individui possano sentirsi importanti insieme, senza competizioni artificiose e controproducenti. Nei laboratori in cui i bambini e i ragazzi sono “caricati di responsabilità”, spesso apprendono e producono a livelli altissimi, si divertono e, collaborando, trovano facilmente ognuno il suo ruolo, con soddisfazione di tutti.
Una parte di ogni esperienza può essere resa in forma digitale, con testi, figure, video, audio, e immediatamente comunicata attraverso la rete ad altri gruppi di bambini – ma anche a educatori, artisti, scienziati, filosofi – in qualsiasi parte del mondo.
Andare in rete diventa allora un gesto consapevole, attivo, con motivazioni e finalità precise: scambiarsi esperienze vissute, vere, importanti e – data la partecipazione viva dei bambini alla produzione dei messaggi – a volte raccontate in modo originale, con anche una parziale reinvenzione, dal punto di vista infantile, dello stesso linguaggio audiovisivo.
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Progetti e comunità
Prima di mettere qualcosa in rete, si osservano i contenuti, li si seleziona e si pensa bene che cosa intendiamo comunicare. Come già abbiamo fatto quando abbiamo montato i nostri video, scegliendo poche sequenze essenziali, tra decine o addirittura centinaia.
Per i bambini e i ragazzi, accostarsi al web partendo da un’attività, un progetto loro, forti del proprio sentirsi comunità e del sostegno di adulti che, senza imporre il proprio punto di vista, sovra intendono e fanno da garanti, è tutt’altro che affacciarsi timidi, individualmente, su un terreno estraneo fitto di insidie, pubblicando qualsiasi cosa senza pensarci. E a questo punto nemmeno serve più che in modo episodico, estemporaneo e un po’ paternalistico, professori o “esperti” che di solito nemmeno prestano loro attenzione, impartiscano poi astratte lezioni su come difendersi dai cattivi incontri on line e dalle fake news.