Dune di sabbia a ridosso del mare. Dall’alto dominano un’area umida denominata “I pantani dell’Inferno”, nome noto a tutti i naturalisti, gli ornitologi e i fotografi che si dedicano allo studio e alla classificazione degli uccelli migratori. Siamo lungo il litorale laziale: verso sud domina il promontorio del Circeo che dà il nome all’omonimo parco nazionale. Sono appena passate le 19 del 27 aprile scorso. Giuseppe Di Lieto, biologo naturalista, sta monitorando il flusso migratorio di specie interessanti come l’airone rosso o la moretta tabaccata, anatra non comune. Improvvisamente quasi materializzati dal nulla appaiono prima un centinaio, poi un migliaio, poi decine di migliaia, infine centinaia di migliaia di topini!
Come le rondini, in volo verso l’Eurasia
No, il fatto a cui Giuseppe di Lieto assiste non è qualcosa da inorridire o spaventarsi. I topini sono uccelli, piccoli meravigliosi fratelli minori delle rondini, il cui nome deriva dal colore del loro piumaggio: un marrone grigiastro, un color topo appunto. La specie, Riparia riparia il nome scientifico, è lunga appena 10-12 centimetri, il peso è di pochi grammi. Sono migratori a largo raggio, volatori eccellenti capaci di balzi di migliaia di chilometri senza sosta. Raggiungono da sud, dall’Africa dove svernano insieme a rondini, rondoni e balestrucci, un’ immensa zona di Eurasia, dal Caucaso alla Scandinavia fino al circolo polare artico. Nidificano in colonie usando banchi scoscesi di terra e sabbia dure e creando piccole gallerie dove deporre le uova e allevare i piccoli. Sono insettivori, specializzati in scorpacciate di ditteri, cioè zanzare.
Il cielo sopra il Circeo
Di Lieto lancia messaggi e chiama gli altri ricercatori naturalisti in zona perché salgano la duna e assistano allo spettacolo: il cielo è oscurato da questi topini che si alzano e si abbassano scendendo per bere in volo e riprendere quota. «In aria – racconta Di Lieto – si sentono leggeri scricchiolii, una sorta di canto leggero, molto più lieve di quello delle rondini». Altra cosa particolare è che in volo ci sono solo topini: neppure un rondone o una rondine insieme a loro. Una massa immensa in spostamento migratorio che non ha precedenti in Italia. Ma quanti sono veramente?
«Impossibile dirlo. Abbiamo fatto il paragone con gli stormi che si raggruppano intorno a Latina in tardo autunno. Facendo un calcolo approssimativo sappiamo che gli storni possono arrivare al numero di un milione e mezzo circa. Nel caso dei topini quando li ho visti apparire mi sono reso conto che erano migliaia ma poi con il passare dei minuti ho capito che era uno stormo immenso. Sicuramente alcune centinaia di migliaia: 200, 300 mila? Quando sono scesi per riposarsi nei canneti lo spettacolo era difficile da descrivere, ma bellissimo».
Il mistero della meravigliosa ondata migratoria
Il racconto di Giuseppe di Lieto fa il giro d’Italia e d’Europa attraverso una rete speciale per ornitologi e appassionati: European Bird Net Italia, EBN Italia, una piattaforma, presieduta da Luciano Ruggieri che collega migliaia di birdwatchers e specialisti. La rete è un tam tam che lancia in tempo reale su Internet gli avvistamenti più importanti della giornata. La storia dei topini del Circeo non finisce qui anche perché molti di loro sono ancora visibili in zona e non tutti sono ripartiti per le destinazioni finali. La domanda, difficile da spiegare, è d’obbligo.
Perché così tanti tutti insieme? E da dove arrivano?
Qui si finisce per entrare in disquisizioni specialistiche ma per riassumere c’è chi, come Andrea Corso, un grande esperto di specie asiatiche, mette in relazione questa ondata di topini con la presenza in Italia di un piccolo delizioso uccello, la balia caucasica, proveniente appunto dal Caucaso, quella regione tra Mar Nero e Mar Caspio dominata da un’imponente catena montuosa che raggiunge e supera i 5.000 metri. È da lì che sono arrivati? Forse sì, forse per lo spostamento dell’asse migratorio causato da cambiamenti in atto del clima, tra siccità, incendi, e fattori a cui sono più sensibili gli animali selvaggi, quelli che oggi rischiano la vita come o più di noi.