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Un momento della manifestazione dell'11 marzo a Steccato di Cutro, Crotone
Un momento della manifestazione dell'11 marzo a Steccato di Cutro, Crotone (Foto: per gentile concessione del bisettimanale "Il Crotonese")

A Crotone, con la Rete 26 febbraio. Una marcia che prosegue

Tutto è cominciato con un appello via social, all'indomani della strage di Cutro. Manuelita Scigliano, presidente dell'associazione Sabir, racconta com'è nata la mobilitazione che ieri ha portato migliaia di persone nel capoluogo calabrese. E perché rappresenta solo il primo passo
12 Marzo, 2023
3 minuti di lettura

A due settimane dal terribile naufragio di Steccato di Cutro, nel giorno in cui il mare ha restituito altri tre corpi privi di vita, fra cui due bambini, circa cinquemila persone provenienti da diverse regioni d’Italia hanno manifestato su quella spiaggia seguendo con una marcia silenziosa la croce di legno, portata a spalla e realizzata con i resti dell’imbarcazione frantumata sugli scogli. “Fermare la strage, subito!” era la richiesta della manifestazione nazionale organizzata ieri, sabato 11 marzo, dalla neonata Rete 26 febbraio di Crotone e dal comitato nazionale formato da sindacati e associazioni scesi in campo per dire basta e mostrare solidarietà alle famiglie delle vittime e ai superstiti.

 

Guarda la diretta di AGTW dalla manifestazione nazionale a Crotone

 

Il primo appello

È la seconda volta in due settimane che la Rete 26 febbraio chiama a raccolta associazioni e cittadini dopo i sit-in di sabato scorso davanti alle prefetture dei capoluoghi di provincia calabresi. «Chiediamo giustizia per i familiari delle vittime e i superstiti del naufragio di Steccato di Cutro. Urge politica comune europea di soccorso, accoglienza, asilo» era il testo del primo appello, lanciato all’indomani della più grande strage di migranti in quel tratto di mare Jonio che bagna la provincia di Crotone. Artefice di questo percorso è Manuelita Scigliano, presidente dell’associazione Sabir e portavoce del Forum del terzo settore. Da quell’orribile domenica il PalaMilone di Crotone è la sua casa, il luogo di una tragica quotidianità che sembra essere diventata ormai la norma, a giudicare dai problemi che hanno investito i superstiti e le famiglie dei migranti morti. Racconta Manuelita:

 

Manuelita Scigliano, presidente dell'associazione Sabir di Crotone, ha promosso la Rete 26 febbraio (Foto: Maria Rosaria Paluccio)
Manuelita Scigliano, presidente dell’associazione Sabir di Crotone, ha promosso la Rete 26 febbraio (Foto: Maria Rosaria Paluccio)

 

«Dal primo momento in cui abbiamo iniziato a fornire aiuto alle autorità, ci siamo resi conto della tragedia, dell’ingiustizia, dei buchi o meglio delle voragini sia nel sistema di soccorso, sia nell’assistenza ai superstiti, ai familiari e in generale ai migranti».

 

Adesione immediata

L’associazione Sabir, che dal 2017 a Crotone promuove la solidarietà internazionale e la tolleranza, alla fine ha deciso di dire basta. È subito dopo quel primo, disperato messaggio sui social la Rete 26 febbraio, il cui nome richiama la sfortunata data del naufragio, ha cominciato a prendere forma. Dopo tre giorni le prime associazioni, presso la sede di Sabir, erano già riunite per decidere cosa fare.

Già, cosa fare? Era la domanda che subito ci si è posti

Assistenza e supporto innanzitutto. Soprattutto se a fornire mediatori, educatori e psicologi sono proprio le associazioni. Quelle che non dovrebbero sostituirsi alle istituzioni e che invece, come in questo caso, lo hanno fatto e continuano a farlo. Perché le associazioni ogni giorno sono lì con i superstiti e i familiari ancora oggi, mentre il numero delle vittime continua a salire. Sono lì a barcamenarsi tra piccole e grandi richieste, dagli alloggi al cibo, dai vestiti ai giocattoli per i bimbi che giocano, in maniera surreale, tra le bare. Sono lì a rispondere alle istanze per il rientro delle salme o per il ricongiungimento dei superstiti.

 

 

Volontari in prima linea

Secondo Manuelita le organizzazioni sociali sono fondamentali, rappresentano il tessuto vivo della società: «Ma il loro contributo – aggiunge – dovrebbe essere di supporto al lavoro dello Stato. Quando si sostituiscono è un problema perché il nostro ruolo è quello della advocacy, della denuncia, sottolineare le cose che non vanno nell’ottica poi di migliorarle». Invece così non è stato, i volontari hanno lavorato fino a 12 ore al giorno mentre i numeri delle vittime, al momento di scrivere sono 76, continuavano a salire, mentre supportavano i familiari nel riconoscimento delle salme o mentre protestavano contro la scellerata decisione di trasferire tutte le bare a Bologna.

 

Migranti protestano a Crotone contro la decisione di trasportare le bare a Bologna (Foto: Maria Rosaria Paluccio)
Migranti protestano a Crotone contro la decisione di trasportare le bare a Bologna (Foto: Maria Rosaria Paluccio)

 

Da qui la scelta di non essere soli. La risposta a quell’appello è stata enorme. La solidarietà è arrivata da tutta Italia e anche dall’estero. Ad oggi sono circa 300 le associazioni che aderiscono alla Rete e 150 i singoli cittadini firmatari dell’appello.

«Da qualche giorno sono arrivate delle ragazze volontarie dalla Puglia e da Palermo che si sono trasferite a Crotone a spese loro per lavorare con noi attivamente» continua la portavoce della Rete 26 febbraio.

Il lavoro comincia adesso

Ieri non hanno manifestato solo le associazioni e i cittadini calabresi. A Steccato di Cutro è stata l’Italia a esternare lo sdegno per quanto accaduto e la disapprovazione per le politiche migratorie. Ma dopo l’attenzione della politica, l’arrivo del Presidente Sergio Mattarella («che pure ha innescato buoni processi» sostiene la Scigliano) e il Consiglio dei Ministri («una passerella fuori luogo su cui non nutriamo alcuna speranza, soprattutto perché non sono venuti neanche a manifestare il loro cordoglio» è il suo giudizio), inizierà il duro lavoro. Inizierà il tempo delle richieste per fermare la criminalizzazione delle migrazioni, per rivedere la legislazione in Italia, per potenziare i soccorsi in mare, per stabilire corridoi umanitari reali.

 

«La manifestazione è stato il primo passo – chiosa Manuelita – In alcuni momenti abbiamo avuto la sensazione di essere dei Don Chisciotte ma oggi sappiamo di non essere soli. Se da tutta Italia hanno risposto al nostro appello forse le nostre richieste non rimarranno inascoltate, forse le cose cambieranno».

 

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