La corrente va e viene a Chernobyl. L’ultimo dispaccio è di ieri sera, alle 20.50 ora italiana, quando l’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Iaea) ha informato che squadre di specialisti ucraini sono riuscite a riparare, dopo quattro giorni, una linea elettrica che alimenta la centrale esplosa nel 1986 e caduta, lo scorso 24 febbraio, sotto il controllo dell’esercito russo.
Il direttore generale dell’Iaea, Rafael Mariano Grossi, è stato informato direttamente dal capo dalla compagnia nucleare ucraina Energoatom, Petro Kotin, secondo il quale ora giunge tutta l’energia necessaria alla centrale che nel frattempo era stata alimentata da generatori a diesel. La disconnessione dalla rete elettrica, sempre secondo l’Iaea, non aveva comunque avuto un impatto critico sulla sicurezza visto che il volume dell’acqua di raffreddamento era sufficiente per dissipare il calore del combustibile esaurito all’interno del nocciolo. Il quadro però resta critico:
«Rimango gravemente preoccupato per la sicurezza di Chernobyl e degli altri impianti nucleari ucraini» ha dichiarato nelle scorse ore sempre Grossi.
Tecnici in ostaggio
A tenere in allarme, oltre agli aspetti strutturali, è la condizione del personale letteralmente detenuto nell’impianto e soggetto alle forze militari: 211 persone, fra tecnici e vigilanti, che non hanno ancora avuto il cambio e che adesso, fa sapere il regolatore ucraino tramite l’Iaea, «non stanno più effettuando riparazioni e manutenzione delle apparecchiature relative alla sicurezza, in parte a causa del loro affaticamento fisico e psicologico dopo aver lavorato ininterrottamente per quasi tre settimane». L’autorità di regolamentazione conferma inoltre di non avere comunicazioni dirette con il personale.
Sette pilastri in crisi
Uno dopo l’altro, insomma, vengono meno i sette pilastri indispensabili per la della sicurezza delle centrali che proprio Rafael Mariano Grossi aveva esposto all’inizio del conflitto fra cui l’integrità fisica degli impianti nucleari, la capacità del personale operativo di prendere decisioni senza pressioni indebite, la sicurezza di forniture elettriche dall’esterno e le comunicazioni affidabili con l’autorità di regolamentazione. L’Iaea nel frattempo propone alle parti di intervenire direttamente a favore della sicurezza, il tema è stato al centro di un confronto la settimana scorsa con i ministri degli Esteri ucraino e russo, vale a dire Dmytro Kuleba e Sergei Lavrov.
«Non possiamo permetterci di perdere altro tempo – ha ribadito Grossi – L’Iaea è pronta ad agire immediatamente, sulla base della nostra proposta che richiede l’accordo fra le parti in conflitto prima di essere attuata. Possiamo fornire assistenza ai siti nucleari ucraini solo dopo la firma. Sto facendo tutto il possibile perché questo accada al più presto».
Anche perché la situazione potrebbe ulteriormente complicarsi in vista della “stagione degli incendi”, quando si verificano annualmente roghi spontanei nei boschi della zona ancora contaminata dal materiale radioattivo.