Customise Consent Preferences

We use cookies to help you navigate efficiently and perform certain functions. You will find detailed information about all cookies under each consent category below.

The cookies that are categorised as "Necessary" are stored on your browser as they are essential for enabling the basic functionalities of the site. ... 

Always Active

Necessary cookies are required to enable the basic features of this site, such as providing secure log-in or adjusting your consent preferences. These cookies do not store any personally identifiable data.

No cookies to display.

Functional cookies help perform certain functionalities like sharing the content of the website on social media platforms, collecting feedback, and other third-party features.

No cookies to display.

Analytical cookies are used to understand how visitors interact with the website. These cookies help provide information on metrics such as the number of visitors, bounce rate, traffic source, etc.

No cookies to display.

Performance cookies are used to understand and analyse the key performance indexes of the website which helps in delivering a better user experience for the visitors.

No cookies to display.

Advertisement cookies are used to provide visitors with customised advertisements based on the pages you visited previously and to analyse the effectiveness of the ad campaigns.

No cookies to display.

"Io sono ancora qui" di Walter Salles
"Io sono ancora qui" di Walter Salles

“Io sono ancora qui”. La lotta di Eunice per la verità nel Brasile golpista

Un paese segnato dalla dittatura, una famiglia che precipita nel dramma della repressione. E una donna che sceglie di combattere per i propri valori. Il film di Walter Salles, premio Oscar come miglior pellicola straniera, c'interroga sulle nostre responsabilità di oggi
7 Marzo, 2025
6 minuti di lettura

A Rio de Janeiro nel 1970, nonostante la dittatura militare, la vita di Rubens Paiva, ingegnere ed ex deputato del Partito laburista brasiliano, di sua moglie Eunice Facciolla Paiva e dei loro cinque figli sembra un’eterna, amorevole, colorata estate. O almeno così sembra, perché così ce la presenta Walter Salles nelle prime inquadrature di Io sono ancora qui. Il film, reduce da una sfilza di premi tra cui l’Oscar al miglior film in lingua straniera e il Golden Globe alla miglior attrice (Fernanda Torres), è tratto dall’omonimo romanzo autobiografico di Marcelo Rubens Paiva, ultimo dei cinque figli di Rubens e Eunice e amico personale dello stesso Salles, che torna così nel natìo Brasile, anni dopo il successo di Central do Brasil.

Fernanda Torres in "Io sono qui".
Fernanda Torres in “Io sono qui”. Foto: Sony Pictures Classics

La vera protagonista

Raccontare una delle pagine più tetre della storia del proprio paese non è cosa facile. Per farlo, splendidamente, il regista parte da una storia personale, a lui vicina (quella dell’amico Marcelo), che è anche storia corale, quella di una grande famiglia, che si allarga fino a comprendere l’arco di almeno trent’anni. Nelle prime sequenze vediamo i Paiva tutti in spiaggia, i cinque fratelli (quattro sorelle e, appunto, il piccolo Marcelo), alle prese con l’irruzione rocambolesca in scena (e sulle loro costruzioni di sabbia) di quello che di lì a pochi minuti diventerà il sesto componente della famiglia: il piccolo randagio Pimpao, che Marcelo adotta immediatamente. Eunice è in acqua.

LEGGI ANCHE >
Dalla notte degli Oscar un messaggio per Gaza: a "No Other Land" il premio come miglior documentario

La vediamo mentre galleggia combattuta tra la voglia di rilassarsi e la crescente angoscia per il sottofondo perturbante e ininterrotto degli elicotteri che sorvolano i cieli del Brasile golpista. È con l’apparentemente minimo ingresso come sottofondo dell’unheimlich sonoro, che Salles ci dà il primo indizio: di lì a poco, scena dopo scena, capiremo che più che Rubens, i Paiva, la famiglia, la vera protagonista della storia (e del titolo, almeno di quello del film) è Eunice.

Nella casa dei Paiva

Per entrare in casa Paiva dalla spiaggia i passi sono pochi, pochissimi, tanto che Marcelo e i suoi amichetti si muovono scalzi dall’una all’altra. Grande, aperta, elegantemente disordinata, la casa dei Paiva è l’altra protagonista del film: incontro tra esterno (Storia) e interno, tra pubblico e privato, è un posto pieno d’amore, di stanze disposte in modo casuale, con la giusta quantità di chiasso, colori, musica. Aperta, libera, colta, abitata da amici, conoscenti, collaboratori: è qui che vediamo Rubens e Eunice ballare, organizzare feste, ospitare gli amati amici, tutti dissidenti alle prese con un regime che diventa sempre più pericoloso. Se all’inizio temono per la figlia maggiore Vera, studentessa universitaria fermata spesso dai militari insieme ai suoi amici, a pagare il prezzo più alto, con la libertà e con la vita sarà Rubens, prelevato all’improvviso per un semplice “interrogatorio“. Non farà più ritorno a casa.

Walter Salles sul set di "Io sono ancora qui"
Walter Salles sul set di “Io sono ancora qui”. Foto: Sony Pictures Classics

Gli spettri del regime

La casa, luogo di affetto e di Storia, fino a poco prima piena di musica, danze e soufflé, diviene luogo di spettri, attraversato dagli spettrali uomini di regime e abitato dalla paura. Quando accade qualcosa di terribile, di spaventoso nelle nostre vite, che in questo caso ha a che fare con la Storia, dunque con l’esterno, l’incontrollabile, come reagiamo? Ci sono molti modi, ovviamente. Salles ci racconta che Eunice Facciolla Paiva, nella sua vita vera così come nel film, ha scelto di “essere ancora qui“, nonostante la casa appassisca giorno dopo giorno e nonostante si senta costretta ad abbandonarla per sempre, ormai vuota, piena solo di assenze, rimbombante ancora di echi di musica e balli.

Alla ricerca della verità

Capito che Rubens non farà più ritorno, Eunice si trasferisce a San Paolo, dai genitori, si iscrive a giurisprudenza e diventa avvocata dei popoli indigeni, difendendo persone e territori depredati (un vecchio “problemabrasiliano, si pensi all’Amazzonia sotto Bolsonaro), non smettendo mai di cercare la verità sulla fine del marito. Giocando con gli interni con innovativa sapienza teatrale (lontano dal kammerspiel: gli spazi qui sono continuamente attraversati e messi in discussione, da persone, luci, suoni, voci, fatti) così come con le luci, Salles attraversa almeno quarant’anni di storia brasiliana, passando dai colori saturi così anni Sessanta/Settanta della casa di Rio, al buio gelido delle prigioni di regime, fino alle tonalità tenui e “rassicuranti” degli anni ’90 e 2000.

LEGGI ANCHE >
Javier Milei, l'ultraliberista senza democrazia

Dal 1970 al 2014, al centro della Storia c’è Eunice, ed è un ritratto meraviglioso di una donna straordinaria, anche grazie alla splendida Torres e alla sua mamma vera, Fernanda Montenegro, che la interpreta da anziana e che fu protagonista di Central do Brasil: un riuscitissimo gioco di rimandi tra cinema e realtà.

Ferndanda Torres in "Io sono qui".
Ferndanda Torres in “Io sono qui”. Foto: Sony Pictures Classics

Aprirsi alla vita

Denso di un pathos rarefatto, volitivo e intelligente come la sua protagonista, Io sono ancora qui è, come Central do Brasil, un affresco sociale, “politico” alla Pakula o alla Parker, ma diversamente dai due grandi registi americani, non imbocca la via del thriller. La “risoluzione” del caso Paiva è sotto gli occhi di tutti sin dall’inizio, ciò che preme a Salles è raccontare la storia di una donna (e poi certo, della sua famiglia, del suo paese, di un’intera epoca), che davanti all’irruzione dell’orrore (non manifesto, nascosto, assente e per questo ancora più spaventoso), avrebbe potuto, come ci si aspetta convenzionalmente da una donna, chiudersi a riccio nel privato, nel proprio buco nero melenso, autoreferenziale e “comodo”, tramutandosi nella mamma chioccia che si preoccupa solo della propria prole.

LEGGI ANCHE >
In Brasile, tra caldo infernale e (ancora) Bolsonaro

E invece Eunice si apre, ancora di più, apre le porte della sua vita, anche adesso che non può più aprire quelle della meravigliosa casa sulla spiaggia. Ci dice che lei è ancora qui, si mette in gioco, rischia, nonostante il regime e poi ancora, dopo il regime per lottare, cercare giustizia: non (solo) per sé stessa, per il marito e i figli, ma per tutti e tutte, per i più sfruttati, dimenticati, ignorati.

 

La domestica Zezé interpretata da Pri Helen
La domestica Zezé interpretata da Pri Helen. Foto: Sony Pictures Classics

La via più scomoda

È la presenza dell’amore nella sua forma più pura, disinteressata, extra famigliare, quella raccontata da Salles. Come aveva già fatto, d’altra parte, in Central do Brasil: anche in quell’occasione, l’irruzione del caso, del dramma davanti al quale un’altra donna (Fernanda Montenegro, mamma di Torres, appunto), sceglie la strada più scomoda, mai percorsa fino ad allora, rompe la sua routine per aiutare chi ne ha bisogno. Film essenziale per capire un Paese e una dittatura di cui si sa e si parla poco, e un’epoca, gli anni Settanta, che fu periodo di conquiste sociali, di libertà, ribellione, ma anche di lotta armata (come in Italia e in Germania) e di dittature e golpe in gran parte dell’America Latina e dell’Africa, Io sono ancora qui è anche un racconto di cinema e di immagini. Ci sono le foto, ricorrenti, fatte in spiaggia, in casa, sulle scale, appese alle pareti, inviate insieme alle lettere. Foto di gruppo, gioiose come quelle con gli amici, in cui già si intuisce che lo sguardo di Eunice va oltre l’obiettivo del fotografo, intravede le camionette militari sul lungomare che passano in file interminabili alle spalle dei bagnanti. E poi filmini, riprese in super 8, vecchie pellicole mute e sonorizzate dalle lettere scritte e inviate da figli e amici.

Io sono ancora qui
“Io sono ancora qui”. Foto: Sony Pictures Classics

Coraggio necessario

Sono sguardi essenziali, come quello di Eunice ormai anziana e (apparentemente) non più lucida, che, inquadrata per svariati secondi da Salles mentre guarda vecchie immagini su uno schermo, durante una riunione di famiglia, riconosce il suo Rubens. Il pathos di Salles, se di pathos si può parlare, è anticonvenzionale, come sono anticonvenzionali i Paiva, com’è anticonvenzionale Eunice: la tensione emotiva anche nei momenti di acme non esplode mai nel melodramma, resta compatta e scorre, tramutandosi in altro, coinvolgendo lo spettatore in un flusso di coraggio necessario ma non autocompiaciuto.

Un film che ci interroga

Visivamente coinvolgente, con una colonna sonora straordinaria, che va dal rock anni Settanta di Erasmo Carlos e Tom alle musiche caraibiche, quello di Salles è un film che ci interroga: quanto e come siamo disposti a restare ancora qui, in piedi, come Eunice, nonostante tutto? Persona, donna e non “mamma santa“, lotta contro il regime, fino al suo crollo e trasforma la sofferenza non in grettezza, ma in uno sguardo che comprende, abbraccia e ci (ri)guarda.

Le generazioni della famiglia Paiva, riunione nel 2014.
Le generazioni della famiglia Paiva, riunione nel 2014. Foto: Sony Pictures ClassicsFoto:

Come gli sguardi delle due grandissime Fernande, che ci ricordano quanto sia necessario lo sguardo del cinema anche per raccontare Storie come la sua.


Guarda il trailer di “Io sono ancora qui” in italiano

Mielizia

Saperenetwork è...

Valentina Gentile
Valentina Gentile
Nata a Napoli, è cresciuta tra Campania, Sicilia e Roma, dove vive. Giornalista, si occupa di ambiente per La Stampa e di cinema e società per Libero Pensiero. Ha collaborato con Radio Popolare Roma, La Nuova Ecologia, Radio Vaticana, Al Jazeera English, Sentieri Selvaggi. Ha insegnato italiano agli stranieri, lingua, cultura e storia del cinema italiano alle università americane UIUC e HWS. È stata assistente di Storia del Cinema all’Università La Sapienza di Roma. Cinefila e cinofila, ama la musica rock, i suoi amici, le sfogliatelle e il caffè.
Mielizia
Mielizia
Resto sfuso

Agenda Verde

Librigreen

Orbital

"Orbital", l'antiracconto di Samantha Harvey che ci fa amare la Terra

Samantha Harvey, cinquant’anni e una formazione di studi filosofici e corsi di scrittura creativa, ha vinto il Booker Prize 2024 con la sua quinta ope

Fabio Deotto, "Come ne usciremo"

Viaggio nel 2040, quando la transizione sarà compiuta. Otto visioni possibili

Autore:

Cosa accadrebbe se tra qualche anno non saremo neppure in grado di ricordare il nostro tempo? Non perché saranno trascorsi troppi anni, ma per una for

Il favoloso mondo delle piante

Un abete più vecchio delle piramidi e tanto altro. Nel mondo delle piante con Mancuso e Giordano

L’essere vivente più vecchio del mondo? Forse non tutti sanno che si tratta di un albero. È Tjikko, un abete rosso che vive in Svezia e ha compiuto be

Pillole ecologia estrema, cover grafica
Storia precedente

Green deal, la vera ideologia è fermarlo. E rimandare i conti con il pianeta

La petroliera svedese brucia dopo la collisione nel mare del Nord
Prossima storia

Collisione nel mare del Nord, continuano le operazioni di emergenza

Leggi anche...