Per qualcuno il primo ricordo sono le tavolate di famiglia durante l’infanzia, gli uni accanto agli altri a intingere le verdure nella bagna cauda, chiacchierando e condividendo memorie. Per altri, la scoperta è più recente ma non per questo meno straordinaria: c’è chi, arrivato in Piemonte, l’ha sperimentata a tavola per la prima volta con gli amici e chi, invece, ha avuto il suo personale battesimo tra i fornelli di un ristorante, assistendo il cuoco nella preparazione.
Ma per tutti resta un piatto indimenticabile, che sintetizza la passione per la cucina dei piemontesi e un’intima convivialità.
Radici contadine
La bagna cauda, letteralmente salsa calda, è un piatto di antica origine, legato alla cultura contadina del Piemonte, in particolare alle zone di Langhe e Monferrato. Tradizionalmente consumato con l’arrivo del freddo, quando le campagne cominciano a vestirsi delle brume autunnali, nasce come felice unione tra l’aglio e due ingredienti tipici della vicina Liguria, le acciughe e l’olio. Si consuma abbinata principalmente a verdura di stagione, come cardi gobbi, cavolfiore, topinambur, barbabietola, patate, verza.
Profumo di mare
Per una regione senza affaccio diretto sul mare, le acciughe da sempre sono state un ottimo compromesso per consumare pesce. Conservate sotto sale, nei secoli sono state oggetto di scambio lungo quella che era conosciuta come la Via del Sale. Ed è con un colpo di genio che una sottile acciughina dissalata un giorno finì a cuocere in un intingolo a base di aglio e olio, che da allora viene consumato ben caldo in un contenitore di terracotta scaldato da una piccola candela.
Qualcuno racconta che il merito fu di alcuni pastori, che dovettero fare di necessità virtù con gli ingredienti che avevano a disposizione, altri ricordano che già gli antichi Romani usavano il garum, una salsa a base di pesce tra cui appunto le acciughe, per dare gusto ai piatti. Nei secoli, poi, la bagna cauda si è evoluta con l’introduzione di alcune varianti. Ma per i puristi la quintessenza di questa salsa, generosa e robusta, è l’impiego di un largo quantitativo di aglio, una testa a persona, che conferisce l’inimitabile profumo.
Parola di Carlin
Consumata nei momenti di festa, la bagna cauda favorisce da sempre la socialità. Si condividono le portate di verdure, crude e cotte, e si mangia in buona compagnia, a riprova che superare i confini – geografici, ma anche familiari e amicali – è spesso un’ottima idea. Lo racconta in un bel libro, Il salto dell’acciuga (Einaudi, 1997) lo scrittore Nico Orengo, che supera la cresta delle colline e dei monti che cingono la sua Liguria e si spinge verso il Piemonte lungo la traccia antica e avventurosa del commercio del sale e delle acciughe, un traffico dall’aura mitica che affonda nel medioevo.
La bagna cauda, d’altra parte, vanta tra i suoi appassionati anche Carlo Petrini, che l’ha definita «un piatto simbolo del Piemonte dove non si producono gli ingredienti principali: acciughe e olio». Un piatto che, secondo il fondatore di Slow Food, oltre ai sapori contiene un grande insegnamento:
«Comprendiamo come ciò che dichiariamo identitario non è quasi mai riconducibile a qualcosa di fisso, ma è frutto di scambi, in continuo mutamento».
Dove prenotare
Chi desidera immergersi in questa esperienza culinaria può farlo cercandola nei menù dei ristoranti piemontesi, oppure partecipando al divertente Bagna Cauda Day, manifestazione organizzata dall’Associazione culturale Astigiani, che ogni anno, verso la fine di novembre, anima numerosi ristoranti e proloco di Asti e del Piemonte, e non solo. L’edizione appena conclusa ha coinvolto migliaia di appassionati del celebre piatto anche all’estero da Bratislava e Londra a New York, da Shanghai a Tokyo, portando con sé il calore e il gusto autentico della bagna cauda. Ma una speciale Bagna della Merla è in programma la prossima settimana, dal 29 gennaio al 2 febbraio.
Sono già aperte le prenotazioni sul sito bagnacauday.it con l’elenco dei locali dove prenotare.