L’essenza della tigre traspare già dal nome, che in lingua persiana significa “saetta”. Simbolo di forza e vitalità, il più grande dei felini è venerato come divinità protettrice e combattiva in molte culture orientali, dall’India alla Cina, dal Vietnam alla Corea. «Tyger! Tyger! Burning bright in the forests of the night» invocava il poeta inglese William Blake a fine Settecento, ovvero «Tigre! Tigre! Divampante fulgore nelle foreste della notte», nella traduzione di Ungaretti. E ancora:


Quale fu l’immortale mano o l’occhio
ch’ebbe la forza di formare la tua agghiacciante simmetria?
Areale agli sgoccioli
Tutti questi magnifici attributi non hanno però risparmiato la tigre dalla sorte di molti superpredatori. Nel secolo scorso il suo areale di distribuzione, che un tempo interessava gran parte dell’Asia, si è ridotto di oltre il 90% e secondo l’Iucn (International Union for the Conservation of Nature) le tigri in natura sono passate da circa 100.000 individui a inizio Novecento a circa 3.500 nel 2014.


Rinascita indiana
Di fronte a una situazione tanto critica, nel 2010 a San Pietroburgo venne lanciato il Global Tiger Recovery Program (Programma globale per il recupero della tigre), con l’ambizioso obiettivo di raddoppiare la popolazione mondiale della tigre (Panthera tigris) entro il 2022. Obiettivo pienamente raggiunto dall’India, come riporta uno studio appena pubblicato sulla rivista Science. In poco più di un decennio, infatti, il numero di tigri in India è raddoppiato e ora il paese ospita circa il 75% della popolazione globale.
Secondo le stime dell’Autorità nazionale per la conservazione della tigre, che già dal 1973 porta avanti il Project Tiger per proteggerla dal bracconaggio, dalla perdita di habitat e da altre minacce, gli esemplari sono passati da circa 1.700 nel 2010 a quasi 3.700 nel 2022. Un grande successo, soprattutto se si considera che il subcontinente indiano ospita solo il 18% dell’habitat della tigre e, con il suo miliardo e mezzo di abitanti, è il più popoloso del mondo.
L’areale della tigre


Il ruolo delle comunità locali
«Si tende a pensare che l’alta densità umana ostacoli la crescita della popolazione di tigre» afferma Yadvendradev Jhala, biologo esperto in conservazione dei grandi carnivori e primo autore dello studio. «Ma la nostra ricerca dimostra che non è così: è piuttosto l’atteggiamento delle persone a fare la differenza. Se le comunità locali non sono coinvolte nella conservazione, se non la sostengono e non ne traggono beneficio, gli interventi non possono andare a buon fine».
I monitoraggi condotti in lungo e in largo per l’India ci offrono una fotografia chiara della situazione. Le tigri hanno ricolonizzato i territori più vicini alle aree protette, diffondendosi in particolare nelle zone con abbondanza di cibo e habitat adatti. Ma non per forza “human free”: se questi grandi felini tendono a evitare le aree troppo urbanizzate, di povertà estrema o falcidiate da conflitti armati, non disdegnano invece i territori in cui le comunità locali ci sono e vivono in relativa prosperità.


Habitat condiviso
La tigre ha ricolonizzato i suoi territori, anche al di fuori delle aree protette, grazie a due elementi cruciali. Da un lato, la creazione di aree a protezione integrale dove si sono riformati i nuclei vitali, e dall’altro di corridoi ecologici per collegare i diversi nuclei e consentire la dispersione della popolazione. E così, si è arrivati a un risultato eclatante: oggi in India le tigri condividono il 45% degli habitat con circa 60 milioni di persone. Le aree in cui vi è coesistenza sono relativamente prospere: oltre a ricevere un rimborso per i danni causati da conflitti tra umani e fauna selvatica, le comunità locali beneficiano della presenza di questi iconici felini grazie all’eco-turismo e ad altri servizi ecosistemici.
La tigre è infatti una specie chiave, che esercita un impatto sproporzionato rispetto alla sua abbondanza sulle comunità di animali e piante e sull’ambiente naturale. Ma non basta, questo predatore all’apice della catena alimentare è anche una specie ombrello: proteggendola, si vanno a tutelare a cascata una miriade di altri organismi, assicurando l’equilibrio degli ecosistemi. Quello della tigre in India è insomma un grande successo di conservazione, che dimostra come la convivenza tra grandi carnivori e umani sia non solo possibile, ma persino auspicabile.


A vantaggio sia della biodiversità, sia delle comunità che risiedono nella zona.