Cile, tra tecnologia nucleare e estrazione di litio
L’Agenzia internazionale per l’energia atomica e il governo cileno hanno firmato due accordi sulla tecnologia nucleare. Il primo per il contrasto all’inquinamento da microplastiche in Antartide, il secondo per migliorare l’estrazione del litio
L’Agenzia internazionale per l’energia atomica e il governo del Cile hanno firmato un accordo per contrastare l’inquinamento da microplastiche in Antartide. Si tratta del primo accordo in assoluto sulla tecnologia nucleare e sul litio, firmato dal direttore generale dell’Aiea Rafael Mariano Grossi e dal ministro degli Esteri cileno Alberto van Klaveren, con il memorandum d’intesa nell’ambito dell’iniziativa NUTEC Plastics, che attraverso l’uso di radiazioni ionizzanti mira ad aumentare il volume riciclato di plastica e trasformare più rifiuti di plastica in risorse riutilizzabili. Grossi ha anche firmato un accordo relativo all’estrazione del litio con Luis Huerta della Commissione cilena per l’energia nucleare (Cchen) e alla presenza del sottosegretario cileno all’Energia Luis Felipe Ramos.
Questo accordo mira a sfruttare la tecnologia nucleare per migliorare l’estrazione del litio e apre la strada a un più ampio sostegno regionale da parte dell’Aiea.
Il litio ha applicazioni nei settori della fusione e dell’energia, oltre che essere usato per dispositivi portatili, veicoli elettrici, telefonia, sistemi di accumulo di energia, applicazioni industriali, militari ed aerospaziali. Come diramato dall’Aiea, per Rafael Grossi: «La scienza nucleare promuove lo sviluppo del Cile in settori quali la salute, l’alimentazione, la sicurezza e l’ambiente. Non vediamo l’ora di approfondire la nostra collaborazione».
Guarda il video del Guardian sull’estrazione di litio in Cile
L’estrazione di litio e lo sfruttamento dei territori
La questione dell’estrazione di litio in Cile è, in realtà, piuttosto controversa. Il paese è il secondo produttore al mondo, dopo l’Australia, del minerale, e negli ultimi anni ha intensificato l’attività che però comporta effetti collaterali non da poco sull’ambiente e sulle comunità indigene. Tra la cordigliera costiera cilena e quella andina si trova il Salar de Atacama, uno tra i luoghi più aridi della Terra, sede della seconda miniera di litio più grande del mondo. Data l’estrema aridità del luogo, il litio viene prodotto attraverso l’evaporazione di brine in apposite vasche. Nel 2022 ne sono state estratte circa 135,4 mila tonnellate.
Il boom di questa tecnologia a basso impatto ha trasformato l’area in una delle zone minerarie più sfruttate, distruggendo il già fragile ecosistema del deserto, proprio perché il litio si ottiene con l’evaporazione dell’acqua, già molto scarsa nel Salar.
Nel corso degli ultimi anni sono state molte le proteste di attivisti e comunità indigene, come testimoniato dalle numerose inchieste e reportage pubblicati sul The Guardian. Nelle scorse settimane il governo del Cile ha confermato che i due maggiori giacimenti di litio del Paese, quello di Atacama e quello di Maricumba, verranno dichiarati “di interesse strategico” e saranno operati da società partecipate a maggioranza statale attraverso il gigante del rame Codelco. È quanto diffuso da un documento dell’esecutivo di Gabriel Boric, dove vengono delineate le principali direttrici della cosiddetta Strategia nazionale del litio.
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