Plastica usa e getta e Covid-19

È un'infatuazione nata con la diffusione della plastica, che purtroppo non è mai realmente tramontata. Quella per l'usa e getta è una mania che si è acuita durante la pandemia, con la diffusione di oggetti come i guanti monouso, erroneamente ritenuti igienici

1 Luglio, 2020
4 minuti di lettura

 

L’infatuazione per l’usa e getta come alleato dell’igiene è una storia lunga che inizia negli anni ’70. A partire dai pannolini, le prime plastiche monouso sono state spacciate per presidi igienici fondamentali. Dai pannolini, si è passati alle bottiglie di plastica, agli imballaggi alimentari abbandonando completamente lo sfuso delle botteghe e delle drogherie.

 

Imballaggi in plastica usati per detersivi e detergenti
L’uso spropositato di prodotti imballati in confezioni di plastica è purtroppo un’abitudine consolidata

 

Da allora, un po’ per comodità e un po’ per moda, un po’ per paranoie igieniche, l’Italia è stata sommersa dall’usa e getta e il vuoto a rendere da noi è stato abbandonato, mentre  Germania, Paesi Bassi, Svizzera e altri paesi del Nord Europa hanno continuato senza problemi a riusare bottiglie di vetro del latte, di birra o di acqua. Bottiglie restituite vuote al venditore, o in box automatici, in cambio di una cauzione, igienizzate e rimesse in circolo.

Un’infatuazione dura a morire

Nel 2017  anche in Italia partì una sperimentazione su base volontaria (Collegato Ambientale, 2017), sul vuoto a rendere delle bottiglie di birra e acqua, ma purtroppo non riuscì a superare la fase sperimentale. Stefano Vignaroli, attuale presidente della Commissione Ecomafie, assicura che sta lavorando al recepimento delle direttive europee sull’economia circolare, per “un sistema obbligatorio esteso a tutti gli imballaggi, fuori dall’alveo della sperimentazione”.

Eppure la realtà dei fatti, nel post Covid, sembra poco incoraggiante. Ovunque ci giriamo, vediamo plastica monouso, dalle mascherine alle bottigliette, dai contenitori monouso, ai grembiuli e mantelline monouso per i clienti dei parrucchieri, dai pocket lunch imballati nelle mense dei centri estivi, alla verdura imballata al supermercato, fino agli assurdi guanti monouso svolazzanti qua e là. Anche la cultura del riuso sembra abbia fatto un passo indietro.

Lavare è molto più igienico che “buttare”

Eppure il lavaggio di superfici e tessuti (vetro, stoffa, ceramica, plastica dura)  è più che sicuro per prevenire germi e virus. Il monouso non serve ad una migliore igiene, è anzi ancor più pericoloso, perché mette in circolo quantità enormi di materiali non lavabili e non igienizzabili.

 

Un pannolino usa e getta
Pannolini ed assorbenti sono tra i prodotti in plastica più diffusi e inquinanti

 

L’Unione Europea per fortuna non è tornata indietro nella direttiva Sup (Single-use Plastics), e entro il 2021 saranno vietati molti oggetti in plastica (anche bioplastica monouso): in particolare posate, piatti, cannucce, bastoncini cotonati, già vietati in Italia, agitatori per bevande, aste per palloncini, contenitori per alimenti fastfood o da asporto. Purtroppo i bicchieri restano permessi, e il motivo di questa assurda esclusione non ci è noto.

Il vuoto a rendere dopo la Covid

È quindi fondamentale che bar, negozi, e ogni esercizio aperto al pubblico, inizino fin da subito a sperimentare il vuoto a rendere con cauzione e dotarsi di posate e stoviglie lavabili. Progetti come DisimballiamociNo Plastic More Fun, che dopo la Covid stanno facendo fatica a ripartire, dovrebbero invece essere incentivati e sostenuti, estesi a tutti i negozi, bar, e attività.

Per i guanti monouso, poi, la situazione è paradossale:  Oms e Iss, le massime autorità sanitarie nazionali e mondiali li sconsigliano perché sono ricettacolo di virus. Viene invece consigliata l’igienizzazione delle mani. L’Oms dice, chiaro e tondo, nel suo sito, fin dal 9 marzo 2020: «L’Oms non raccomanda l’uso di guanti da parte del pubblico. L’uso di guanti può aumentare il rischio di infezione, dal momento che può portare ad auto-contaminazione o trasmissione ad altri quando si toccano le superfici contaminate e quindi il viso. Pertanto, in luoghi pubblici come supermercati, oltre al distanziamento fisico, l’Oms raccomanda l’installazione di stazioni pubbliche di igiene delle mani all’ingresso e all’uscita».

I guanti monouso, inutili e inquinanti

L’Istituto Superiore della Sanità, nelle Linee Guida del 16 marzo 2020, gli fa eco: i guanti sono indispensabili per l’assistenza ospedaliera o domiciliare ai malati, in alcuni contesti lavorativi, come per gli addetti alle pulizie, addetti alla ristorazione e commercio di alimenti. Ma non sono assolutamente necessari né raccomandati per gli avventori o per i clienti dei supermercati. In questo caso, come sottolinea il comitato Zero Waste, l’uso dei guanti è un inutile spreco e tonnellate di rifiuti indifferenziati avviati agli inceneritori o dispersi nell’ambiente.

 

Dei guanti e una mascherina usa e getta
Con la pandemia mascherine e guanti monouso si sono diffusi in modo esponenziale

 

Purtroppo il Dpcm del 26 aprile, ha interpretato malamente le raccomandazioni dell’Oms e dell’Iss. Al punto 6, sotto le prescrizioni per gli esercizi commerciali si legge: “Uso dei guanti usa e getta nelle attività di acquisto, particolarmente per l’acquisto di alimenti e bevande”. Così molti punti vendita fino a metà giugno obbligavano i clienti a indossare guanti monouso (spesso semplici sacchetti di nylon che svolazzano appena fuori il supermercato). Perfino nei treni e nei mezzi pubblici, fino a poche settimane fa erano obbligatori i guanti monouso (anche se di fatto non li metteva quasi nessuno).

Isterie pro plastica

Il nuovo Dpcm del Governo pubblicato in Gazzetta Ufficiale, operativo dal 15 giugno fino al 14 luglio 2020, finalmente sancisce che i guanti monouso non sono più obbligatori né raccomandati come protezione anti Covid, ma purtroppo ancora vari supermercati ne obbligano l’uso. C’è chi approfitta di questa isteria collettiva, come Carlo Stagnaro, sul Foglio, e parla di rivincita della plastica e degli inceneritori. Le aziende hanno intanto incassato la posticipazione della plastic Tax, benché minima e irrisoria, a gennaio 2021.

Difendere la natura, difendere la salute

Crediamo che per difendere la nostra salute dobbiamo vivere in un ambiente asettico, sterile, vorremmo gabbie di plastica dove mettere noi stessi, i nostri figli e ciò che mangiamo. Ci difendiamo dalla natura ferendola. Ma più ci difendiamo dalla natura, più questa ci colpirà. Dovremmo guardare ai freddi numeri per capire. Ogni anno muoiono 180 mila persone, per tumore, solo in Italia, 240mila l’anno per malattie del cuore. Le malattie respiratorie hanno ucciso 11mila persone nel 2019 e almeno il triplo nel 2020. Vivere dove l’inquinamento atmosferico, dell’acqua e del suolo sono elevati, incide sul livello generale della salute della popolazione ed è correlato a questa strage silenziosa.

Leggi serie e a lungo termine

Tutte queste morti e malattie si potrebbero facilmente prevenire, se solo lo si volesse, con leggi serie contro i rifiuti, il traffico, il cibo malsano, i pesticidi, il fumo. Siamo riusciti a fermarci per due mesi, con grande sacrificio di tutti, anziani e bambini compresi che non potevano uscire, correre nei parchi, giocare e socializzare a scuola. Eppure non riusciamo a fare leggi ragionevoli, a lungo termine che potrebbero salvare milioni di vite. Non riusciamo a cambiare stile di vita, a ritrovare fiducia e empatia con la natura che ci circonda. Perché?

Dovremmo smettere di essere noi il virus di questo pianeta.

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