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Michele Manelli è il fondatore delle Cantine Salcheto
Michele Manelli è il fondatore delle Cantine Salcheto a Montepulciano, nel Senese

Salcheto, il vino più green d’Europa. A tu per tu con il fondatore, Michele Manelli

La cantina di Montepulciano, nel Senese, ha appena compiuto dieci anni di attività off-grid, in completa autonomia energetica. Un prodotto d'eccellenza, biologico e amico dell'ambiente in ogni risvolto, grazie a un modello ad alta efficienza, dalla vigna alla tavola
1 Febbraio, 2022
3 minuti di lettura

Oltre 2 milioni e 300mila Kg di CO2 evitati, l’equivalente di circa 3.300 alberi messi a dimora, oltre 1 milione e 100mila Kwh di energia risparmiati. Sono soltanto alcuni dei traguardi raggiunti in dieci anni dall’azienda vitivinicola Salcheto di Montepulciano, nel Senese. La cantina conduce 58 ettari di vigneti che si estendono fino a Chiusi e produce circa 400mila bottiglie l’anno. Qui si coltiva secondo il metodo biologico certificato Ue producendo principalmente Vino Nobile da Sangiovese di altissima qualità, vinificato soltanto in uva, senza alcuna aggiunta, nemmeno di solfiti.

 

Le vigne dell'azienda Salcheto si estendono per 58 ettari fra Montepulciano e Chiusi, nel Senese
Le vigne dell’azienda Salcheto si estendono per 58 ettari fra Montepulciano e Chiusi, nel Senese

Come se non bastasse, la Salcheto è la cantina “off-grid” più longeva d’Europa, vale a dire in completa autonomia dal punto di vista energetico.

Un primato internazionale ottenuto grazie ad una serie d’innovazioni ha permesso all’azienda di festeggiare, dopo la vendemmia dello scorso ottobre, il decimo anno di attività amiche del clima, a basse emissioni di carbonio lungo l’intera filiera, dalla produzione delle materie prima agli imballaggi, dalla coltivazione al prodotto finito, tutto secondo un processo certificato dalla norma Equalitas, come racconta il presidente e fondatore Michele Manelli.

Quali sono le soluzioni adottate in azienda?
Le soluzioni sono varie e spaziano dai lucernari solari per illuminare ogni area lavorativa, ai giardini verticali e alle irrigazioni adiabatiche del tetto-piazzale tanto per citarne alcune. Le vinificazioni sfruttano l’energia prodotta dalla fermentazione per movimentare mosto e vinacce. Un’ulteriore produzione di energia deriva dagli scarti di potatura e dallo scambio geotermico a bassa entalpia sotto i vigneti fino all’utilizzo di pannelli fotovoltaici.

 

 

Come nasce l’idea di una cantina energicamente autonoma?
La sfida nasce dalla necessità di far crescere l’azienda, partendo dalla ristrutturazione della cantina e di farlo con la responsabilità di un’impresa che vuole essere una leva per il pianeta e la società, anziché un peso. Ci siamo messi a studiare tra le tante innovazioni disponibili sul mercato rendendoci conto che si poteva creare un sistema integrato in grado di ridurre anzitutto i consumi energetici e addirittura staccarci idealmente dalla rete energetica nazionale. Così abbiamo realizzato la prima cantina “off grid”.

Ma siamo andati oltre, perseguendo obiettivi sempre più ambiziosi.

Salcheto è stata la prima azienda in Europa ad aver calcolato la propria Carbon footprint, ossia le emissioni di gas-serra derivate dalla produzione, dall’imbottigliamento e dalla commercializzazione di una bottiglia. Gli amanti del vino hanno anche a disposizione un calcolatore capace di stimare le emissioni di anidride carbonica fino al luogo di consumo. Nel decennio 2010-2020 la cantina ha ridotto del 40% i kg di CO2 emessi per ogni bottiglia di vino da 0,75 l, anche grazie all’utilizzo di bottiglie in vetro ultraleggere.

 

 

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Le istituzioni vi hanno supportato nella realizzazione del progetto o vi siete basati solo sulle vostre forze e risorse?
Abbiamo realizzato un sogno grazie alle nostre forze e alle nostre risorse, sempre supportati dal territorio e dalle istituzioni con cui lavoriamo in collaborazione e in sinergia. Il nostro impegno guarda in tutte le direzioni, dall’organizzazione ai rapporti con le comunità locali e globali, un modello che ci siamo prefissati per statuto come Società Benefit. Da anni, infatti, l’azienda mette in rete il proprio lavoro partecipando a progetti di ricerca e sviluppo, come il “Pef Wine Pilot” della Commissione Europea o “Nobile Sostenibile” del proprio distretto vinicolo di riferimento, operando quindi a livello locale, nazionale e internazionale. Inoltre sosteniamo le comunità con cui interagiamo non solo attraverso donazioni, ma anche partecipando in maniera diretta alle loro attività sociali e culturali.

 

 

Cosa si aspetta per il futuro della sua azienda nei prossimi dieci anni?
Abbiamo centrato gli obiettivi dell’allora Agenda 2020 e non era scontato. Ora ricominciamo a guardare verso i prossimi traguardi con un’attenzione particolare al packaging che resta il primo impatto sul clima della produzione vinicola. Ma oltre che verso l’ambiente, continueremo a concentrare i nostri sforzi anche sui temi sociali e del lavoro, per noi fondamentali. Abbiamo già messo a disposizione di tutti i lavoratori un Piano Welfare sulla base delle esigenze verificate presso la popolazione aziendale, con un budget interamente finanziato dall’azienda stessa.

E poi continueremo a investire su giovani e formazione, ma soprattutto nel creare modelli sempre più evoluti di convivenza tra vita e lavoro.

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