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Un fotogramma di "Sugarcane" (2024)
Un fotogramma di "Sugarcane" (2024)

Sugarcane, il documentario che svela le ferite delle scuole indigene in Canada

Migliaia di bambini delle popolazioni native, fra il 1886 e il  1981, furono strappati alle proprie famiglie in nome dell’assimilazione culturale. Una tragedia rimossa che il film, ora su Disney+, racconta con spietata lucidità
11 Febbraio, 2025
3 minuti di lettura

La Sugarcane Reserve è una riserva situata all’estremità orientale del Williams Lake, in Canada: un territorio attraversato da laghi e fiumi, nel cuore del Cariboo Chilcotin, sulla terra dei T’exelcemc (detti anche Williams Lake First), appartenenti alla nazione Secwepemc. I siti turistici la pubblicizzano come un luogo nel quale gli stili di vita tradizionali e contemporanei convivono armoniosamente, dove ci si può connettere con la natura, con il passato e con se stessi.

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Un pezzo di Colombia Britannica dove – e questo nei siti turistici non c’è scritto – tra il 1886 e il 1981 migliaia di bambine e bambini indigeni sono stati strappati alle famiglie di origine e costretti a frequentare le scuole residenziali istituite dal governo del Canada, per essere alfabetizzati secondo i canoni europei: una delle tante forme in cui è stata esercitata l’assimilazione culturale nel paese.

Il capo della comunità di Williams Lake, Williams Lake, in una scena di Sugarcane. Foto: Sugarcane Film

Le ombre della St. Joseph’s Mission

Nella scuola residenziale St. Joseph’s Mission (SJM), amministrata dagli oblati cattolici, per anni si sono succeduti abusi fisici e sessuali, suicidi, morti inspiegabili e sparizioni. Per i sopravvissuti, le torture e gli stupri subiti nella scuola continuano a riverberarsi in modo psicologicamente devastante. Da queste premesse è nato Sugarcane diretto da Julian Brave NoiseCat, figlio di uno dei “survivors”, ed Emily Kassie. Presentato in anteprima al Sundance Film Festival nel 2024, dove ha vinto il gran premio per la regia, poi acquistato dal National Geographic, il documentario (entrato nella cinquina come miglior documentario agli Oscar 2025, dove dovrà vedersela, tra gli altri con No Other Land) è ora disponibile in streaming sulla piattaforma Disney+.

Voci indigene e resistenza culturale

Tra i produttori esecutivi del film, compare anche Lily Gladstone, prima attrice nativa americana a vincere un Golden Globe e a essere nominata agli Oscar, per Killers of the Flower Moon, di Martin Scorsese. Così Gladstone ha dichiarato in un’intervista a Vanity Fair: «Non troverai nessuna persona indigena in Nord America, Canada, Stati Uniti, altrove, o persone indigene in tutto il mondo che non siano passate attraverso una sorta di programma come quello». Un concetto chiaro, spietato, inequivocabile: «È stata la seconda ondata della colonizzazione».

Il primo ministro canadese Justin Trudeau si scusa per il ruolo del Canada nel sistema delle scuole residenziali indigene
Il primo ministro canadese Justin Trudeau si scusa per il ruolo del Canada nel sistema delle scuole residenziali indigene. Foto: Jarred Alterman/Sugarcane Film

Verità e guarigione

Julian Brave NoiseCat e Emily Kassie nel loro documentario scelgono di seguire diverse narrazioni, tutte incentrate in qualche modo sul tema della guarigione: il tentativo di scoprire la verità e di rendere conto di ogni bambina e di ogni bambino coinvolto, il viaggio personale di un padre per superare un trauma intergenerazionale, la ricerca di responsabilità da parte di uno dei leader del Williams Lake First negli strati più alti della Chiesa cattolica.

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La macchina da presa si sofferma spesso su Ed Archie NoiseCat, «padre, artista e sopravvissuto», come si legge sul suo sito. E sul suo lavoro di intagliatore, impegnato per gran parte della propria esistenza nel dimenticare la scuola della missione cattolica, dove è stato prigioniero quando era ragazzo.

Riconoscere il coraggio

I due registi hanno così realizzato un film a più livelli che invita il pubblico a confrontarsi con domande profonde sulla moralità e la giustizia e a testimoniare la drammatica e duratura eredità lasciata dal sistema delle scuole residenziali, tra cui la separazione forzata delle famiglie, la violenza e la distruzione della cultura e della lingua degli indigeni. «Vogliamo riconoscere il coraggio e la forza d’animo di quanti hanno preso parte al nostro documentario e delle migliaia di sopravvissuti alle scuole residenziali e ai collegi indiani in tutto il Nord America che sono stati ignorati per troppo tempo, così come le generazioni di famiglie che continuano a subirne i danni», hanno scritto i filmmaker.

Ed Archie NoiseCat in "Sugarcane".
Ed Archie NoiseCat in “Sugarcane”. Foto: Emily Kassie/Sugarcane Film

Appello globale

Attingendo ai loro trascorsi nell’attivismo e nel giornalismo, nonché al legame personale di NoiseCat con la storia e la comunità, i due intrecciano abilmente molteplici fili per generare una narrazione avvincente e insieme straziante. Allo stesso tempo, riconoscono ai sopravvissuti e ai loro discendenti l’instancabile determinazione nel cercare risposte a segreti a lungo sepolti. Ora, come anziani della loro comunità, i sopravvissuti reclamano l’umanità rubata alla loro comunità attraverso il potere del dolore collettivo.

Contro la violenza coloniale

Laddove gli abusatori di St. Joseph hanno messo in atto una violenza coloniale, Sugarcane è un deciso rifiuto dello spirito indigeno di essere spezzato, sepolto e cancellato. Non a caso la promozione del documentario in giro per il mondo, durante la stagione dei premi, vuole aumentare la consapevolezza globale sul tema, accanto a una capillare condivisione del film con le comunità indigene e i sopravvissuti in Canada, offrendo loro uno strumento di riflessione e comprensione del proprio passato. L’obiettivo?

Guarda il trailer di Sugarcane

Rivelare la verità storica e promuovere azioni concrete da parte delle istituzioni.


Sugarcane
Regia: Emily Kassie, Julian Brave NoiseCat.
Durata:1h 47 min
Data di uscita: 2024
Genere: documentario
Classificazione: +16
Dove vederlo: Disney+

Mielizia

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Francesca Romana Buffetti
Francesca Romana Buffetti
Antropologa sedotta dal giornalismo, dirige dal 2015 la rivista “Scenografia&Costume”. Giornalista freelance, scrive di cinema, teatro, arte, moda, ambiente. Ha svolto lavoro redazionale in società di comunicazione per diversi anni, occupandosi soprattutto di spettacolo e cultura, dopo aver studiato a lungo, anche recandosi sui set, storia e tecniche del cinema.
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