È la foresta più grande degli Stati Uniti d’America: 17 milioni di acri. Tongass è così chiamata dai nativi americani Tlingit, Haida e Tsimshian.
Si trova nel sudest dell’Alaska: circonda l’Inside Passage, centinaia di isole di foresta che sbarrano l’oceano.
È il luogo di transito delle balene megattere e delle orche. Nella foresta c’è la più alta concentrazione di orsi del Nordamerica; nei fiumi risalgono ogni anno, a milioni, le 5 specie di salmoni del Pacifico. L’aquila dalla faccia bianca, simbolo degli Usa, è praticamente ovunque. Rarissimo appare il Kermode, detto dai nativi Spirit Bear, un orso bianco del tutto diverso da quello polare.
Tongas è una foresta pluviale temperata: qui crescono sequoia, cedri rossi, abeti neri, alberi alti fino a 80 metri. I grandi patriarchi hanno tra 800 e 1000 anni. Insomma uno dei luoghi più selvaggi e naturali che ancora sopravvivono sul Pianeta.
Ma Tongass non ha mai avuto vita facile e ancora oggi rischia devastazioni e distruzioni. Una storia che vale la pena riassumere.
Per decine di anni le compagnie di legname hanno lavorato a pieno regime nel “clear-cut”, il taglio a raso della foresta.
Questo fino al 2001 quando il Congresso americano votò la Roadless Rule Act una legge che proteggeva tutti e 60 milioni di acri delle National Forest degli Stati Uniti, compresa Tongass. Nessun albero poteva essere tagliato.
Arriviamo al 2020. Sono gli ultimi mesi dell’amministrazione Trump e, a sorpresa, The Donald modifica la legge e, in accordo con il governatore dell’Alaska, Mike Dunleavy, rilancia uno sviluppo totalmente distruttivo: 9 milioni di acri potranno essere tagliati. Dunleavy è un negazionista dei cambiamenti climatici e offre pieno appoggio alle grandi compagnie di logging. Parte l’attacco a Tongass.
Sconfitto alle elezioni Trump esce di scena e il nuovo presidente Joe Biden è pronto a ripristinare il Roadless Rule Act. Tongass è salva?
Fino a questo momento la battaglia è aperta perché il governatore dall’Alaska, ancora in carica, si schiera contro il Presidente e lancia un ultimatum: dovranno passare sul suo cadavere per fermare i tagli e uno sviluppo che prevede strade, villaggi, dighe e cemento.
Lo scontro è durissimo e intanto le motoseghe sono tornate a dare l’assalto alla foresta. Assicura Dunleavy: «Come ai bei tempi».