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Isabella Ragonese in Clitennestra di Roberto Andò
Isabella Ragonese in Clitennestra, regia Roberto Andò (Foto: Lia Pasqualino)

Clitennestra, vendetta e solitudine

Al Teatro Argentina di Roma fino al 21 gennaio e in tournée fino al 18 febbraio, la pièce diretta da Roberto Andò, tratta dal romanzo di Colm Tóibín “La casa dei nomi”, invita a riflettere sulla solitudine della condizione umana, preda della sete di vendetta
16 Gennaio, 2024
3 minuti di lettura

Sono tanti i motivi di riflessione dopo aver assistito a Clitennestra, in scena fino a domenica 21 al Teatro Argentina: adattamento teatrale e regia di Roberto Andò del romanzo La casa dei nomi di Colm Tóibín (del 2017, pubblicato in Italia da Einaudi), lo spettacolo risuona sinistramente con l’attualità, trovando note nefaste in quella violenza che sempre genera altra violenza. Scene e luci (di Gianni Carluccio), costumi (di Daniela Cernigliaro), musiche (curate da Pasquale Scialò), suoni (di Hubert Westkemper), movimenti (di Luna Cenere): tutto concorre a trascinare il pubblico nel cuore della disperazione di Clitennestra, madre, moglie, donna tradita, e nell’orrore in cui la guerra ha trascinato la sua famiglia.

 

 

Il mito

Agamennone deve partire per Troia, ma gli dei pretendono il sacrificio di sua figlia Ifigenia prima di permettere alle vele delle sue navi di gonfiarsi di quel vento che le condurrà alla volta delle Porte Scee. Pagamento in sangue di una innocente per versare altro sangue, dentro le mura di Ilio, fino a saldare il conto con il proprio. Il sangue di Agamennone che ha inscenato un matrimonio per trascinare figlia e moglie in Aulide, dove era bloccato il suo esercito, che ha rapito Cassandra, figlia di Priamo, e l’ha condotta schiava a Micene. Sangue sgorgato dal suo corpo inerme al rientro, per quietare la sete di vendetta di sua moglie Clitennestra, a sua volta uccisa, da lì a poco, dalla congiura tramata dagli altri suoi figli, Elettra e Oreste, per vendicare la morte del padre.

Ma non c’è salvezza nella vendetta, solo solitudine.

Il potere e il desiderio

Allestimento ideato per gli spazi del Teatro Grande di Pompei, in occasione del Campania Teatro Festival 2023, sul palcoscenico capitolino si fraziona in ambienti claustrofobici e incrostati, che feriscono con lo squallore del loro abbandono, bagnati come sono dalle luci impietose dei neon.

 

Una scena di Clitennestra, con la regia di Roberto Andò (Foto: Lia Pasqualino)

 

Andò, dopo Ferito a morte, tratto dal celebre romanzo di Raffaele La Capria, presentato all’Argentina durante la stagione 2022/23 – prosegue il suo viaggio nella grande letteratura portando in scena la Clitennestra di Tóibín, la rancorosa regina del mito ma allo stesso tempo una donna alle prese con la gestione del potere e con un amante, Egisto, su cui modulare desiderio e controllo. La sua Elettra è la figlia fedele che pretende la retribuzione del sangue, ma è anche la vittima di un abbandono che cerca nelle ombre un sollievo dalla solitudine. «Se Clitennestra ci è stata tramandata come un personaggio essenzialmente negativo, qui finalmente si trovano dispiegate le sue ragioni umane. Ed è ciò che mi ha attratto di questo testo, per il quale ho subito individuato una interprete straordinaria come Isabella Ragonese. Un’attrice in grado di esaltare e modulare i toni complessi, ed emotivamente risonanti, di Clitennestra», si legge nelle note di regia.

Umanità tra male e bene

«È l’omicidio a renderci voraci», ruggisce l’attrice nei panni della regina di Micenea cui hanno strappato con l’inganno la primogenita. Abbandonata a sé stessa, senza più gli dei a indicare la strada del bene e del male, lontana quell’imperativo categorico che vorrebbe la legge morale viva dentro sé quanto il cielo è stellato sopra le propria testa, Clitennestra si fa giustizia da sola, degenerando in quella faida che stavolta non sarà il tribunale dell’Areopago a far terminare, come accade invece nelle Eumenidi di Eschilo.

 

Isabella Ragonese e Ivan Alovisio in Clitennestra (Foto: Lia Pasqualino)

 

Gli dei, nel romanzo dello scrittore irlandese e nella pièce di Andò, sono assenti e la casa un tempo popolata dei loro nomi risuona a vuoto: ognuna e ognuno dei protagonisti è destinato a perdersi dietro a una cortina di fumo, vagheggiata da un opaco sipario trasparente. Spiega ancora Roberto Andò:

«L’umanità di questi profili colti nel recinto esclusivo della psicologia nasce quindi dalla mancanza di ciò che nel mito – e quindi nella tragedia classica – li rendeva più forti, ma anche algidi e distanti e in un certo modo fissi e bidimensionali, ovvero la presenza degli dei».

Alle spettatrici e agli spettatori non resta che applaudire un allestimento potente e un cast perfetto (Isabella Ragonese è affiancata in scena da Ivan Alovisio, Arianna Becheroni, Denis Fasolo, Katia Gargano, Federico Lima Roque, Cristina Parku, Anita Serafini e un coro composto da Luca De Santis, Eleonora Fardella, Sara Lupoli, Paolo Rosini, Antonio Turco), portando con sé «la tragica storia di rancore e solitudine, di sangue e vendetta, di passione e dolore» messa in scena.

 

 

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La tournée di Clitennestra di Roberto Andò con Isabella Ragonese è a Roma al Teatro Argentina fino al 21 gennaio 2024, per proseguire il suo viaggio a Padova, Venezia, Milano e Perugia (fino al 18 febbraio).

 

Mielizia

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Francesca Romana Buffetti
Francesca Romana Buffetti
Antropologa sedotta dal giornalismo, dirige dal 2015 la rivista “Scenografia&Costume”. Giornalista freelance, scrive di cinema, teatro, arte, moda, ambiente. Ha svolto lavoro redazionale in società di comunicazione per diversi anni, occupandosi soprattutto di spettacolo e cultura, dopo aver studiato a lungo, anche recandosi sui set, storia e tecniche del cinema.
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