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Amor sacro e amor profano, olio su tela di Guido Reni
Guido Reni, Amor sacro e amor profano (1622-1623). Genova, Galleria Nazionale di Palazzo Spinola

Il tempo barocco, speranza e terrore di una magnifica illusione

Le Gallerie Nazionali di Arte Antica ospitano nella sede di Palazzo Barberini a Roma, fino al 3 ottobre 2021, la mostra "Tempo Barocco", a cura di Francesca Cappelletti e Flaminia Gennari Santori. Un prezioso percorso per indagare in tutte le sue forme e declinazioni il concetto di tempo. In epoca barocca, e non solo
24 Settembre, 2021
4 minuti di lettura

Delle 40 opere esposte a Palazzo Barberini a Roma, in occasione della mostra Tempo Barocco, alle Gallerie Nazionali di Arte Antica fino al 3 ottobre 2021, il grande olio su tela di Antoon Van Dyck, risalente al 1627 circa, resta impresso doloroso. Nella prima delle otto sale in cui si dispiega il nuovo ampio spazio dedicato alle mostre permanenti, 750 mq appena restaurati, Il tempo taglia le ali all’Amore del pittore fiammingo accoglie col suo monito inappellabile: i tentativi dell’arte di fermare il trascorrere del tempo si andranno a infrangere contro la crudele realtà del Dio Crono, avido di tutti quegli accadimenti umani che permettono alla vita quotidiana di elevarsi verso la felicità, la bellezza, l’amore e le gioie della gioventù.

 

mostra Tempo Barocco foto di Alberto Novelli
La mostra tempo Barocco a Roma, un palazzo Barberini (Foto: Alberto Novelli)

È finita l’epoca in cui Amor vincit omnia, dipinto da Caravaggio a inizio secolo, stava a dimostrare il trionfo di Cupido sulle arti: è solo l’amor sacro, ormai, che ha ragione su tutto; a quello profano, come racconta poco più avanti, nella seconda sala, Guido Reni in Amor sacro e Amor profano, del 1622, bendato e legato, tocca sopportare che il bellissimo rivale bruci frecce e faretra: il raziocinio governa ora tutti i piaceri terreni.

Mito classico e rielaborazione

Davvero ben congegnata l’esposizione, volta ad esplorare il concetto di tempo durante il barocco, nato a Roma nei primi decenni del XVII secolo. E nella spettacolare volta con il Trionfo della divina Provvidenza di Pietro da Cortona a Palazzo Barberini il barocco trova la sintesi di tutti gli aspetti fondanti della sua estetica: teatralità, magniloquenza, meraviglia, e la rielaborazione libera e inventiva in chiave grandiosa e patetica del mito classico e delle opere d’arte antica.
Trionfo della Divina Provvidenza, Pietro da Cortona
Trionfo della Divina Provvidenza, Pietro da Cortona (post 1669). Roma, Gallerie Nazionali di Arte Antica
La mostra è curata da Francesca Cappelletti, direttrice della Galleria Borghese, e Flaminia Gennari Santori, direttrice delle Gallerie Nazionali di Arte Antica che da diversi anni ci ha abituato a progetti di grande impatto. Ha detto Flaminia Gennari Santori:
«Ora che Francesca dirige la Galleria Borghese, questa mostra diventa anche una magnifica occasione per dare avvio ad una relazione e ad un confronto proficui tra due musei che con il loro patrimonio sono certamente tra i più rilevanti nel racconto di un’epoca e della sua arte, nel contesto nazionale e internazionale».

L’ora dello spettatore

Percorsi che presuppongono un approccio attivo del visitatore che per godere appieno dell’allestimento è chiamato a farsi domande. A esplorare curioso, accompagnato dall’ottima pannellistica, tra didascalie esaustive e citazioni interessate ad ampliare l’orizzonte culturale, mostrando come il tempo sia stato oggetto di studio e cruccio in ogni momento per l’uomo.
Dal Virgilio delle Georgiche («Ma intanto fugge, fugge senza rimedio il tempo mentre noi, presi dall’amore, ci soffermiamo su ogni dettaglio») al Goethe del Faust («Quel che chiamate spirito dei tempi è in sostanza lo spirito degli uomini nei quali i tempi si rispecchiano»).
Tempo Barocco: una sala della mostra, foto Alberto Novelli
Una sala della mostra Tempo Barocco, foto Alberto Novelli
Fino al Chatwin de Il viceré di Ouidah («Aveva tutta una collezione di orologi, che teneva sotto il letto. […] Prima di andare a letto li caricava tutti, badando a mettere ognuno a un’ora diversa; a tal punto era ossessionato dal passar del tempo»).

Piccoli scheletri e splendide Vanitas

«Cercare di dominare il tempo – ha spiegato la direttrice Gennari Santori – è stata un’urgenza assillante della riflessione barocca che accomuna poesia e scienza e sollecita la progettazione di strumenti in grado di misurarlo sempre più precisamente».
Da qui gli orologi, da tavolo e da persona, presenti in mostra: gioielli di oreficeria oltre che di orologeria, pensati per essere ammirati oltre che per segnare lo scorrere delle ore. E ce ne è uno che, pur di piccolissime dimensioni, difficilmente passerà inosservato, malgrado le splendide Vanitas da cui è circondato alle pareti: Totenührli, un orologio di Christian Giessenbeck, della metà del Seicento, in oro, smalto, pietre preziose e perle.
A decorare il meccanismo, un piccolo scheletro (Tödleinin tedesco) che indossa una corona d’alloro e con la mano sinistra, intorno alla quale si avvolge un serpente, impugna una lunga freccia con la funzione di lancetta che indica i numeri sul quadrante: un memento mori, macabro quanto prezioso, a sottolinearci una volta di più – se ce ne fosse bisogno – che con il Tristo Mietitore non si scende a patti.

Allegorie per continuare a illuderci

Ci si può illudere, però, di fermare il tempo. L’arte, infatti, non si limita a evocare o esorcizzare l’incombere del tempo, ma si sforza anche di afferrarlo e di fissarlo. Ecco allora la Morte di Cleopatra, colta nell’attimo in cui la regina ha esalato l’ultimo respiro (opera di Guido Cagnacci), o Il ratto delle Sabine, dove Pietro da Cortona ha bloccato l’istante in cui i rapitori afferrano le donne, che si divincolano nel tentativo di liberarsi.
Giacinto Gimignani, Allegoria della Fortuna
Giacinto Gimignani, Allegoria della Fortuna, 1664. Olio su tela. Gallerie Nazionali di Arte Antica
Ultimo dipinto, una Allegoria della Fortuna firmata da Giacinto Gimignani: la Fortuna viene trascinata per i lunghi capelli biondi da un amorino e rovescia i suoi tesori sull’Ignoranza, consigliata da un asino, mentre la Virtù è trattenuta dall’Invidia. Il Tempo e sua figlia, la Verità, restano in lontananza: arriveranno, prima o poi, a riconoscere all’artista virtuoso quello che gli spetta.
Un messaggio di speranza, oltre che un ammonimento a non scegliere cattivi consiglieri per colmare quello che non si sa, lanciato come può anche ai tanti visitatori impegnati a fissare il proprio attimo nella memoria del loro telefono. Ogni epoca, d’altronde, combatte il terrore dell’estinzione come può e come sa fare.
Mielizia

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Francesca Romana Buffetti
Francesca Romana Buffetti
Antropologa sedotta dal giornalismo, dirige dal 2015 la rivista “Scenografia&Costume”. Giornalista freelance, scrive di cinema, teatro, arte, moda, ambiente. Ha svolto lavoro redazionale in società di comunicazione per diversi anni, occupandosi soprattutto di spettacolo e cultura, dopo aver studiato a lungo, anche recandosi sui set, storia e tecniche del cinema.
Mielizia
Mielizia
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