L’ultimo dei Romantici tedeschi o il primo uomo della Nuova Era? Caleidoscopico e assolutamente unico, nasceva cento anni fa, il 12 maggio 1921 a Krefeld Joseph Beuys, uno dei più straordinari artisti del ventesimo secolo: scultore e performer, disegnatore e attivista, professore ed ecologista, antroposofo e visionario, bombardiere e sciamano, artista totale e, dunque, irriducibilmente uomo e rivoluzionario. Nei 65 anni della sua intensissima vita – è morto nel 1986, all’indomani dell’installazione-testamento Palazzo Regale di Napoli – ha guadato le correnti storiche ed estetiche del Novecento con la serietà e il candore dei bambini, giocando come raccomanda Schiller ma senza perdere la sua unicità. «Io non volevo diventare un grande artista», dirà infatti.
Volevo soltanto sperimentare qualcosa, vedere se potevo ricavare qualcosa di bello da quello che avevo visto (…) dare vita a qualcosa di umano.
Oltre la materia, una vita da plasmare
E sarà infatti ben più di un grande artista, sarà un grande uomo pronto a scavare dentro se stesso, a cercare oltre il visibile e la materia, ad agire per portare idee, immaginazioni e ispirazioni nel mondo intorno a lui, fino a far coincidere il lavoro con la biografia: la sua vita come materia artistica da plasmare per innescare il cambiamento dei processi sociali, politici, economici e filosofici che sentiva necessari per riformare il futuro. Che altro poteva infatti spingerlo, nel 1982-86, a piantare la sua opera forse più “ambiziosa”, le 7000 querce di Documenta 7 a Kassel che vedrà compiutamente la luce solo fra trecento anni? «In un’azione come questa ci si riferisce alla trasformazione della vita di tutta la società e dell’intero spazio ecologico», affermò, con l’augurio che quel gesto di ecologia divenisse un concetto da «ampliare con il passare degli anni, perché non vogliamo mai più porre fine all’azione delle piante».
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Le piante e l’eredità profetica
È a quell’opera che si è reso omaggio proprio il 12 maggio con la piantumazione di una quercia nel parchetto di fronte al Teatro Out Off di Milano che a Beuys ha dedicato una ricca rassegna di incontri e mostre, con cinque serate in diretta streaming che grazie ai contributi di artisti, galleristi, architetti, filosofi, studiosi e politici provano a restituire non solo la complessità proteiforme di Beuys ma anche la sua eredità profetica, il suo monito attualissimo. E molte e variegate sono le iniziative che lo ricordano e lo celebrano, dalla rassegna cinematografica di Artecinema al film di Andre Veyel, L’artista come provocatore in onda su Sky Arte e su Now dagli appuntamenti organizzati sotto il cappello del Goethe Institut in varie città d’Italia, Napoli città-musa in testa, agli eventi e dibattiti in programma in Germania.
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Mille volte rinascita
Tante sono le frasi che lo hanno reso famoso: «La rivoluzione siamo noi», «Ogni uomo è un artista», «La verità va cercata nella realtà, non nel sistema», ma oggi, anno Covid n. 2, in piena emergenza pandemica, economica e climatica, è la coscienza ecologica e quella di un’impossibilità ad un “corpo normale” che si impongono all’oggi, mentre annaspiamo tra il Pnrr e la legge Zan. Disse: «Un’idea ordinata di ecologia può derivare solo dall’arte, la sola forza rivoluzionaria capace di trasformare la terra, l’umanità e l’ordine sociale, nel senso di completare la trasformazione da un mondo malato ad un mondo in salute» e quelle parole sono oggi un richiamo alla responsabilità, ad un agire pieno di senso e di cura, di libertà e di bellezza. D’altronde, il giovane iscritto alla Hitlerjugend, aviatore nella seconda guerra mondiale miracolosamente sopravvissuto all’abbattimento del suo velivolo e letteralmente resuscitato a soli 22 anni aveva già incise sulla pelle le esperienze che l’incontro con l’antroposofia di Rudolf Steiner trasformeranno in una ricerca inesauribile attorno all’uomo e al suo rapporto con la natura.
L’ecologia come missione artistica
L’uomo microcosmo che porta in sé i regni dei minerali, delle piante e degli animali che hanno costellato la sua arte, dall’acqua di Azione nella palude con cui nel 1971 denunciò il disastro ambientale che avrebbe rappresentato la bonifica della palude di Ostenda al coyote di I like America and America likes me e alla lepre di Come spiegare i quadri a una lepre morta, fino ai quattro anni di Piantagione con cui inserì altri 7mila alberi e arbusti in via di estinzione nell’azienda agricola degli amici e sostenitori Durini-De Domizio, confermando un rapporto d’elezione veramente straordinario con il nostro paese. Non c’è modo migliore di festeggiare Beuys che diventando uomini fino in fondo, rinascendo anche noi per portare salute. Ringraziandolo sempre per quel suo sguardo aperto, malinconico e buono che Warhol, da genio tormentato quale lui stesso era, aveva colto e immortalato, giusto per non farci dimenticare qual è la nostra vera missione.