«Quando Gregor Samsa un giorno si risvegliò da sogni inquieti, si trovò trasformato nel suo letto in un insetto enorme». Era il 1915 quando Franz Kafka scrisse il suo racconto forse più famoso. L’Europa si era appena inoltrata nel primo conflitto veramente mondiale di tutti i tempi, Kafka si dibatteva nella dilaniante guerra privata con il Padre, le Avanguardie artistiche trionfavano e il Novecento si infilava in questo incipit ormai celeberrimo come in una cruna. La corazza, il ventre convesso e bruniccio e le numerose zampette desolatamente sottili della Metamorfosi sono il prisma che anticipò e ancora rifrange le nevrotiche abitudini, gli squilibri socio-economici, la dissoluzione delle relazioni interpersonali della modernità. Nell’anno in cui ognuno di noi ha vissuto il confinamento in case sempre più celle, sempre più tane, il ribrezzo per l’invisibile nemico che ammala e l’estraneità ora colpevole ora rassegnata dell’altro da sé e persino di sé, un regista come Giorgio Barberio Corsetti non poteva non tornare a chiedere lumi al suo autore più amato e interrogato, da America a Descrizione di una battaglia, dal Processo al Castello.
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Gregor Samsa e il 2020
Questa Metamorfosi è così figlia dei tempi che invece di debuttare al Teatro Argentina di Roma lo scorso 10 novembre ha avuto, al pari dell’apertura della Scala, del Teatro dell’Opera di Roma o del Roma Europa Festival, una sua prima televisiva lo scorso 18 dicembre su Rai 5, ormai nuova casa del teatro che il Covid 19 ha definitivamente spossessato della fisicità e della compresenza, per non dire della realtà economica e progettuale. Cinque telecamere per la regia televisiva di Marco Odetto e la scena girevole di Massimo Troncanetti, grigio ferro, plumbea e scarnificata, quasi una tetra corsia d’ospedale, nel mostrarci ora la stanza-tugurio di Gregor, ora la sala da pranzo di un “fuori” così altro, vasto e irraggiungibile da esser descritto, in grande con il gesso, sulla parete-lavagna “Mondo”.
Voci, parole, sogni brechtiani
Barberio Corsetti, che del Teatro Nazionale di Roma è ora non più direttore ma consulente artistico all’insegna del “pasticciaccio” politico e amministrativo, ha scelto per questo spettacolo un taglio brechtiano e insieme onirico, aperto dagli attori che raggiungono il palcoscenico attraversando la platea illuminata e deserta, cantando brani klezmer su esseri un tempo viventi. La voce cui è affidata anche la partitura musicale, con brani a cappella e brevi intermezzi ritmati che ricordano il Ballet Mécanique, è, insieme alla parola, la grande protagonista di questo omaggio allo scrittore che ha saputo raccontare la fragilità e la prevaricazione, l’alienazione e la solitudine in ogni aspetto della vita, privata e pubblica. Il testo stesso non è un adattamento per la scena ma un continuo passaggio dalla terza alla prima persona, in una identificazione crescente con la scrittura chirurgica, paradossale e assoluta di Kafka e i protagonisti che si impossessano della narrazione e dei dialoghi, amplificando l’effetto straniante della storia e la sua assurda plausibilità.
L’irrappresentabile in-scena
C’è tutto Kafka e c’è tutto Barberio Corsetti in questa Metamorfosi dominata da Michelangelo Dalisi che a Gregor regala la sua fisionomia spigolosa e una prova d’attore intensamente dolorosa. È lui che porta in scena l’irrappresentabile, un uomo che diventa all’improvviso scarafaggio accolto dalla propria tranquilla incredulità e dal ripudio della sua famiglia, sfrontato e violento quello del Padre (un iroso Roberto Rustioni), rassegnato nella Madre (Sara Putignano), progressivamente conflittuale da parte della Sorella (Anna Chiara Colombo).
Comprendere l’inumano
Vestito di un impermeabile antracite, grigio come la vita da funzionario che Kafka stesso conduceva e odiava, Dalisi scivola pian piano dal letto-bozzolo che l’ha concepito insetto al pavimento sporco del suo covo parallelamente alla discesa del suo personaggio verso l’inumano. Osserva incredulo le mani-zampette che gli impediscono ormai qualunque gesto sensato, urla silenzioso da dentro la corazza che ha ammutolito il linguaggio ma non la comprensione di coloro che fino a poco prima erano suoi simili, trova sollievo arrampicandosi sulla parete, con l’addome libero di respirare, in una trovata scenica di grande efficacia, citazione di tante produzioni passate del regista romano. Mentre la famiglia lo rinnega ma reagisce riempiendosi di nuova vitalità, Gregor si rintana e si svuota, digiuna e si annulla, fino all’inevitabile sacrificio finale.
Cabaret per una metamorfosi inevitabile
Che vita avrà lo spettacolo dopo il passaggio televisivo fa parte delle grandi domande che incombono sulla vita culturale di questo Paese (e non solo). Intanto, lo stesso Barberio Corsetti e l’Argentina ci invitano a Metamorfosi Cabaret, un format per raccontare la Roma di oggi in cinque appuntamenti, il 23 e 27 dicembre e i prossimi previsti per il 3, 10 e 17 gennaio, in streaming sulla pagina Facebook e sul canale You Tube del Teatro di Roma. Così lo racconta: «Sono appuntamenti in cui elementi diversi, musicali, teatrali, comici si esibiranno sul palcoscenico dell’Argentina come in un cortile su cui si affacciano le tante finestre dei palchetti, un cabaret in cui agli artisti succedono momenti documentari in cui associazioni, realtà culturali e sociali parlano di crisi, nuove povertà, ma anche di solidarietà, mutualismo, slancio creativo e futuro, presentandosi con un video e poi raccontandosi di persona, testimoniando questo momento di cambiamento inevitabile, di metamorfosi».