Dopo aver conquistato Milano, dove oltre 270mila visitatori hanno fatto di Munch. Il grido interiore l’evento culturale più seguito degli ultimi sei anni a Palazzo Reale, la mostra organizzata da Arthemisia in collaborazione col Museo Munch di Oslo, sbarca al Palazzo Bonaparte di Roma, dove resterà fino al prossimo 2 giugno.


Retrospettiva preziosa
La grande retrospettiva sull’artista norvegese, vissuto tra il 1863 e il 1944, è curata da Patricia G. Berman, considerata tra le maggiori esperte del pittore, con la collaborazione scientifica di Costantino D’Orazio e il patrocinio della Reale Ambasciata di Norvegia a Roma: un’esposizione su Edvard Munch come non se ne vedevano da quasi quarant’anni nella Capitale (l’ultima era stata allestita a Palazzo Braschi, tra il marzo e il giugno del 1986).
Dipinti, lettere e fotografie
Attraverso le 100 opere esposte, tra dipinti, stampe, fotografie e litografie – ma anche frasi tratte da lettere, diari e annotazioni personali che accompagnano nel percorso espositivo – si racconta il suo cammino artistico dagli esordi fino agli ultimi lavori, toccando i temi a lui più cari, collegati gli uni agli altri dall’interpretazione della tormentata essenza della condizione umana.
Le parole della curatrice
Così ha illustrato alla stampa l’evento Patricia G. Berman: «Edvard Munch è stato uno degli artisti che più si è prodigato, all’inizio del XX secolo, nel tradurre la sua esperienza privata e le sue emozioni in forma visiva attraverso la pittura, la fotografia, l’inchiostro, la matita. La mostra si concentra in modo critico sulla sua indagine pratica ed emotiva». E ancora, a proposito dell’artista:


«Lui stesso si definiva un anatomo-patologo dell’arte».
Forze invisibili
Malinconia, Disperazione, Gelosia, Angoscia e Consolazione sono solo alcuni dei titoli di dipinti che accolgono visitatrici e visitatori nel primo piano di Palazzo Bonaparte: un susseguirsi di blocchi di colore uniformi e prospettive discordanti capaci di trasmettere esperienze emotive e sensoriali insieme. Altre opere, invece, cercano di immortalare le forze invisibili che animano e tengono insieme l’universo. L’inizio della sua carriera coincide infatti con cambiamenti radicali nello studio della percezione: alla fine dell’Ottocento è in corso un dibattito tra scienziati, psicologi, filosofi e artisti sulla relazione tra quello che l’occhio vede direttamente e come i contenuti della mente influiscono sulla nostra vista.


Emozioni che sfuggono all’occhio umano
Il suo interesse per tutto quanto dà forma all’esperienza, condizionerà le opere che lo rendono uno degli artisti più significativi della sua epoca. «La formazione artistica di carattere accademico che riceve in gioventù si trasforma presto in tecniche inventive capaci di esprimere i ricordi e le emozioni che sfuggono all’occhio umano. Nei suoi scritti annotò più e più volte come la sua vista influenzi la sua esperienza sensoriale, compresi i suoni che sente e gli stati emotivi che prova, portando a motif come L’Urlo», ha scritto nel catalogo la curatrice.
Visioni per il presente
Precursore dell’Espressionismo e persino del Futurismo del XX secolo nella sua esplorazione delle forze impercettibili, oggi continua a “parlare” alle visioni interiori e alle preoccupazioni anche di noi, uomini e donne dell’età moderna. Nelle sue creazioni, Munch punta a rendere visibile l’invisibile.


«Non dipingo la natura: la uso come ispirazione, mi servo dal ricco piatto che offre. Non dipingo cosa vedo, ma cosa ho visto», ebbe a dire l’artista.
Pianeta cosciente
E spiega ancora Patricia G. Berman: «Per Edvard Munch, la Terra è un’entità dotata di coscienza e respiro. Come molti altri intellettuali del suo tempo, egli segue il dibattito in corso in merito al rapporto tra scienza, tecnologia, religione e misticismo. È attratto dalla dottrina del monismo, secondo la quale la mente e la materia, le forze invisibili e il mondo materiale convergono.
La cosmologia personale di Munch è modellata sulla base dell’idea che l’ambiente fisico e i corpi delle creature agiscano gli uni sugli altri, permettendo alle energie invisibili (come le radiazioni solari, l’elettromagnetismo, la telepatia, la crescita cellulare) di interagire con il mondo visibile in modi profondi. Come scriveva nel suo diario: «Tutto è in movimento, e il fuoco della vita può essere trovato persino in una pietra».


Visitare con lentezza
Corredata di pannelli esplicativi e didascalie curate e puntuali, di facile comprensione anche per chi non abbia competenze in storia dell’arte, Munch. Il grido interiore si gode al meglio seguendo le indicazioni della curatrice. Lo ha confermato sempre la curatrice: «È una mostra da visitare con lentezza, in silenzio, con gentilezza, per apprezzarne al meglio la delizia. L’arte di Munch, osservata in questo modo, ci darà una nuova visione artistica non solo di quelle che sono le sue opere d’arte, ma anche di chi siamo noi nel nostro interno, nei nostri sentimenti più intimi».


Per saperne di più
Munch. Il grido interiore
Palazzo Bonaparte
Spazio Generali Valore Cultura
Piazza Venezia 5, Roma
Orari
dal lunedì al giovedì 9.00 – 19.30
venerdì, sabato e domenica 9.00 – 21.00
La biglietteria chiude un’ora prima
+ 39 06 87 15 111