Antonia Yasmina Filali, fondatrice della Fondation Orient Occident
Antonia Yasmina Filali, fondatrice della Fondation Orient Occident

“Le risposte ai problemi? Sono nel Sud del mondo”. A tu per tu con Antonia Yasmina Filali, imprenditrice sociale

Nel 1994 ha creato la Fondation Orient-Occident, ong pioniera, ponte tra le due sponde del Mediterraneo. Con la risorsa del suo percorso personale, tra Oriente e Occidente, l'imprenditrice ci parla di integrazione e sviluppo, istruzione, migrazione. Partendo dalla figura di una nonna molto speciale
6 Dicembre, 2024
4 minuti di lettura

Antonia Yasmina Filali nel 1994 ha creato in Marocco la Fondation Orient-Occident, ong che si pone come un ponte tra le due sponde del Mediterraneo e da 30 anni lavora nell’ambito della migrazione e dello sviluppo comunitario, promuovendo l’istruzione, la formazione professionale e l’integrazione di giovani marocchini, migranti e rifugiati. Presente a Rabat, Oujda, Casablanca, Marrakech, Tangeri, Fez, Larache, e New York, la Fondazione ha sviluppato un approccio originale alla migrazione, ricevendo numerosi riconoscimenti internazionali. Lavora in partenariato con l’UNHCR, l’Unione Europea e le agenzie di sviluppo europee. Antonia Yasmina Filali è membro del World Economic Forum e nel 2016 ha ottenuto il riconoscimento di “Imprenditrice Sociale” dalla Fondazione Schwab. Parallelamente all’impegno nel sociale, ha fondato insieme al fratello, Fouad Giacomo Filali, La Fiermontina Family Collection (che dirige), un progetto di dimore di lusso, e un museo, a Lecce, a Parigi e in Marocco, che lavora in partenariato con la Fondazione.

 

La Fondation Orient-Occident

Abbiamo chiesto come è nata la Fondation Orient-Occident ad Antonia Yasmina Filali, che la presiede. «Il mio percorso personale si è svolto tra due mondi, l’Oriente e l’Occidente, dato che mio padre era marocchino e mia madre per metà pugliese e per metà francese. Sono cresciuta a Parigi, andavamo in vacanza in Marocco. Arrivando mi sentivo una straniera. In Francia capivo che non c’era razzismo esplicito nei miei confronti perché mio padre era un diplomatico, ero una privilegiata. Avevo deciso di essere occidentale, ma la mia identità marocchina mi è tornata addosso come un boomerang. Ho iniziato un percorso di riconciliazione tra Antonia e Yasmina. Quella francese e quella marocchina sono due culture molto diverse con la complicazione della colonizzazione. Quando mi sono riconciliata con la mia parte araba e ho trovato un equilibrio tra le mie identità, ho deciso di creare in Marocco la Fondazione Oriente-Occidente». E aggiunge: «Metà del lavoro della Fondazione consiste nell’accoglienza ai rifugiati, la loro istruzione e l’inserimento nel mondo del lavoro. L’altra metà si occupa dello sviluppo comunitario che significa formazione dei giovani marocchini di comunità povere e rurali. Il senso della Fondazione è l’apertura ai popoli, alla diversità».

Il Laboraorio della Fondation Orient-Occident “Migrants du Monde” (Foto: V.Rosati)

Dialogo tra identità mediterranee

Chiedo ad Antonia Yasmina se e in che modo il suo approccio sia innovativo. «Se si vogliono aiutare i migranti a integrarsi bisogna valorizzare la loro cultura e cambiare la loro immagine nel mondo affinché recuperino dignità e parità rispetto a chi sta loro di fronte. Per le donne migranti abbiamo ideato il laboratorio di abbigliamento e ricamo Migrants du monde a Rabat e le abbiamo fatte sfilare in sfilate a Casablanca nei grandi alberghi. Le migranti che si vedono per strada a chiedere l’elemosina vestite e truccate non sembrano nemmeno le stesse persone, cambia la percezione che si ha della migrante, che può essere bella e fiera indossando vestiti del suo Paese.

Anche la musica dei loro Paesi è stata importante e ha portato i marocchini a ballare con loro. Se balli con un africano o giochi a football insieme, le barriere cadono.

Sono strumenti chiave per l’integrazione che mostrano la cultura dell’altro. Abbiamo organizzato il festival Rabat Africa, che in dieci anni ha cambiato completamente la percezione dei marocchini nei confronti degli africani del sud».

Le risposte sono nel Sud del Mondo

E continua: «La visione occidentale dello sviluppo è molto riduttiva, post-colonialista direi, e non risolve niente. Abbiamo viaggiato in Paesi come India, Sud Africa, Senegal, Paraguay perché i paesi del Sud del mondo hanno il polso dei bisogni. A Bruxelles si fanno progetti assurdi, ma se non vivi sulla pelle le cose, non le puoi capire. Lo sviluppo è un altro, è olistico prima di tutto come vediamo nei nostri progetti di sviluppo comunitario dove puntiamo a migliorare la vita delle comunità locali. Bisogna lavorare sul contesto, è il contesto che può avviare un cambiamento». Domando ad Antonia Yasmina se il riconoscimento di “Imprenditrice Sociale” ha contribuito alla missione della Fondazione. «Ha aiutato molto, in primo luogo è un riconoscimento che va dritto al cuore di coloro che lavorano con un coinvolgimento emotivo molto forte. Poi il World Economic Forum mette il mondo ai tuoi piedi dando accesso al network di tutti i Social Entrepreneur del mondo, che altrimenti non conosceresti. Le risposte ai nostri problemi le trovo nel Sud del mondo».

 

La Fondation Orient Occident di Rabat (Foto: V.Rosati)
La Fondation Orient Occident di Rabat (Foto: V.Rosati)

Nel nome di una nonna coraggiosa

A Rabat si può visitare la sede della Fondation Orient-Occident, che ha una scuola, un asilo, una radio, una grande biblioteca, una mensa e sta allestendo un museo sulla migrazione. A Lecce si visita il Fiermonte Museum dedicato ad Antonia, la nonna di Antonia Yasmina, morta giovane quando i nipoti non erano ancora nati. «È stata la grande assente ma al tempo stesso molto presente come donna assolutamente straordinaria», dice Antonia Yasmina, «quando siamo stati per la prima volta a Lecce, ci è piaciuta molto e mio fratello ha acquistato un’antica masseria per farne una casa di vacanza, ma era molto grande, abbiamo deciso di trasformarla in albergo.

Abbiamo capito che volevamo “riportare” la nonna nella sua terra e aperto il museo per raccontare la sua storia, il suo viaggio dalla Puglia, che ha lasciato a diciassette anni, a Parigi, al Marocco.

La figlia Anna aveva conosciuto a Parigi il futuro marito marocchino e Antonia andò a Fez, la città di mio nonno paterno, per capire da dove veniva. La nonna, straniera, cristiana, spirito libero, con i capelli corti, incontrò il padre del fidanzato della figlia, un giudice del diritto coranico, che l’accolse con grandi festeggiamenti. Era ancora possibile che due persone di culture così diverse si accettassero. Mia nonna accettò che la sua unica figlia sposasse un musulmano, marocchino, ma era più facile a quell’epoca, oggi ci sono molti pregiudizi».

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