Due ragazzi su uno scooter, in mezzo a un nubifragio, in una città asiatica

Lessico e nuvole: le (nostre) parole dell’irresponsabilità

Fiume killer, terremoto assassino, clima impazzito. E poi l'immancabile, attesissima quanto imprevedibile "bomba d'acqua". Ormai i fenomeni meteorologici sono descritti con espressioni parossistiche e errate. Per una narrazione in cui la natura è sempre più matrigna, e noi sempre meno responsabili...
14 Settembre, 2021
3 minuti di lettura

«Immaginavi tu forse che il mondo fosse fatto per causa vostra? Ora sappi che nelle operazioni mie, sempre ebbi e ho l’intenzione a tutt’altro che alla felicità degli uomini o all’infelicità. Quando io vi offendo in qualunque modo e mezzo, io non me n’avvedo, se non rarissime volte: se io vi diletto o vi benefico, non lo so; e non ho fatto, come credete voi, quelle cose, o non fo quelle azioni, per dilettarvi o giovarvi. E se anche mi avvenisse di estinguere tutta la vostra specie, io non me ne avvedrei».

 

Giacomo Leopardi
Giacomo Leopardi nel ritratto del pittore veneziano Lorenzo Lotto

 

Sarebbe utile tenere conto del testo di Giacomo Leopardi nelle conversazioni o quando si lavora nell’informazione, per descrivere in maniera corretta alcuni eventi “naturali”, soprattutto quelli più violenti. Vi sarà capitato di leggere o sentire espressioni del tipo: “fiume killer, terremoto assassino” attribuendo ad eventi naturali una volontà omicida, non importa se le case sono state costruite in area golenale o le abitazioni che sono crollate addosso alle persone non erano antisismiche. Si comincia col dire che la responsabilità è della natura matrigna piuttosto che dell’homo sapiens. La pratica è anche uscita dai confini del “naturale” e quindi troviamo “auto assassina” anche se l’auto aveva un conducente che ha appunto condotto la macchina addosso un’altra persona uccidendola, siamo sulla buona strada per  titolare un articolo su un omicidio con: “pistola killer”.

 

Una bambina di spalle, con degli stivali anti pioggia, cammina su un terreno allagato
“Fiume killer”, “terremoto assassino”, “bomba d’acqua”, sono tra le espressioni errate più usate dai media per raccontare la crisi climatica

Il clima, un tipo instabile e rancoroso…

Nel solco dello scarico delle responsabilità troviamo: “clima impazzito”. Del resto si sa il clima ha sempre avuto la testa tra le nuvole e ogni tanto da fuori di matto. Il problema è che lui, il clima, è un tipo instabile, e non sono le attività umane che stanno modificando gli equilibri climatici. In questo olimpo di entità naturali dai caratteri forti accanto all’assassino e al matto abbiamo catalogato anche il rancoroso: “la natura si vendica”. Pompiamo energia in un sistema chiuso, il pianeta, ma quando poi succede qualcosa è una vendetta della natura, non la terza legge della dinamica.

Quelle bombe che piacciono ai media

Bomba d’acqua è l’entità più famosa tra queste creazioni. La famigerata locuzione nasce  dalla traduzione di cloudburst, letteralmente: “cloud”, nube e “burst”, esplodere. Diciamo innanzi tutto che il termine italiano esiste ed è nubifragio, da “nubifragium” che deriva da “nubes”, nube e “frangere”, rompere. Il vocabolario Zingarelli descrive nubifragio come: «(…) precipitazione violenta che può provocare straripamento di fiumi, allagamenti e frane».

 

L’espressione “bomba d’acqua” è fortemente gettonata dai media

Rimane il fatto che la bomba d’acqua ha allagato i media nostrani. Ragionevolmente è la bomba che dà forza alla locuzione. All’effetto drammaticamente spettacolare la bomba unisce l’imprevedibilità.

In battaglia o in un attentato se si sapesse dove e quando scoppieranno le bombe le cose andrebbero diversamente. E noi siamo in grado di prevedere con una buona probabilità dove ci saranno i nubifragi ma rimane il fatto che si preferisce parlare di bombe.

 

Una donna, di spalle su un promontorio, guarda il mare in tempesta
Usare parole sopra le righe parlando di clima, attribuisce alla natura il ruolo di matrigna imprevedibile e ci fa sentire meno responsabili

Parole a vanvera, per sentirci al centro del mondo

In questo uso errato delle parole, per non dire fuorviante, si possono aggiungere gli incendi appiccati dai piromani, quando nella maggior parte dei casi sono opera di criminali che agiscono con uno scopo preciso, oppure considerare sinonimi termini che non lo sono come meteo e clima oppure vaccini e siero. Ci sentiamo e da tanto tempo, al centro del mondo e questo spiega la nostra tendenza a esprimerci come se tutto ciò che accade sia per il nostro male o per il nostro bene piuttosto che pensare che sia una crisi climatica che è stata innescata dalle nostre attività o più precisamente dalle attività della parte più ricca della popolazione mondiale.

 

 Guarda il video con Stefano Mancuso 

 

E se il mondo si salvasse senza di noi?

Tendiamo all’antropocentrismo ma con le dovute eccezioni, come ha detto il botanico Stefano Mancuso, che ha notato che mentre quando noi umani abbiamo un’alterazione della temperatura corriamo ai ripari, non abbiamo la stessa attenzione per le variazioni di temperatura del pianeta e le conseguenze che inevitabilmente ne deriveranno.

Un’indifferenza testimoniata, secondo Mancuso, dal fatto che non siamo stati capaci di invertire o fermare la tendenza ad aumentare della CO2 in atmosfera. Per la cronaca siamo arrivati a 419 parti per milione.

“Dobbiamo salvare il mondo”, anche questo slogan gode di una certa popolarità, ma considerando che il pianeta ha girato per milioni di anni attorno al sole viene il ragionevole dubbio che possa continuare a farlo anche senza di noi. Sarebbe quindi auspicabile lasciare perdere il mondo e cercare di salvare noi stessi.

 

Ragazzi dei Fridays for Future con un cartello
L’antropocentrismo ci ha portato a credere che ciò che accade in Natura sia per o contro di noi, ma mai colpa nostra
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