Sono naturalmente tutta orecchi; tra quelli che spero un giorno di chiamare “colleghi” c’è un signore alto e sottile che avevo già sbirciato, senza osare avvicinarlo (così severo quel suo profilo di aquila! così guizzanti d’ironia beffarda, a tratti, lo sguardo!) nella sede di Italia Nostra, cui mi ero iscritta nel 1970, appena arrivata a Roma dal natio paesello sul Lago Maggiore.
«Questo viale è ancora perfetto. Ma se spalancate al pubblico senza pensare a come custodire le statue a lato, le troverete decapitate e rubate». E via ammonendo e denunciando, con un tono indignato e ferocemente dolente che, avrei poi scoperto, era il suo usuale contrassegno.
I “grazie” che ti dicevo allora li posso ripetere oggi, più profondi e consapevoli.