Negli stessi anni in cui don Milani creava la scuola di Barbiana, Danilo Dolci digiunava per i bambini di Trappeto e Mario Lodi iniziava ad insegnare a Vho di Piadena, anche a Roma un pedagogo e un maestro dalle eccezionali qualità personali e accademiche avviava una sperimentazione didattica fondamentale. Alberto Manzi, aspirante capitano di lungo corso che la guerra aveva indirizzato verso le necessità dei bambini e dei ragazzi, entrava nella scuola elementare “Fratelli Bandiera” per rivoluzionare la prassi educativa e far felici decine e decine di alunni, da allora e per sempre legati alla sua figura. Sono proprio loro, gli ex alunni di Manzi, con i loro ricordi e le loro testimonianze, i co-protagonisti di L’ABC di Alberto Manzi maestro degli italiani, il nuovo libro di Tania Convertini, docente di lingua e cultura italiana al Dartmouth College del New Hampshire:
libro dedicato al maestro che grazie alla televisione e a quel miracolo di comunicazione mass-mediatica che fu Non è mai troppo tardi trascinò l’Italia fuori dall’analfabetismo dilagante e permise a un milione e mezzo di tele-alunni di prendere il diploma di scuola elementare.
Da qualche anno Convertini si è dedicata allo studio di quest’uomo eclettico e rivoluzionario, tra coloro che hanno fondato la pedagogia del Novecento, ma anche profondamente segnato la cultura e la società del secondo dopoguerra, per regalarci ora, in occasione del centenario – Manzi nacque a Roma il 3 novembre 1924 – un libro vivido e importante, tanto agile quanto ben documentato, sentito e illuminante.
I valori e le pratiche
Ricercando tra fonti scritte, filmate e orali, tra gli appunti conservati al Centro studi Alberto Manzi e i tanti libri a lui dedicati, senza dimenticare gli incontri con i familiari, gli ex alunni e i molti studiosi, Convertini ci propone un alfabetiere valoriale con cui approfondire (o inaugurare) la conoscenza di Manzi educatore, esaltandone gli ideali e le pratiche, in un continuo dialogo tra gli ambiti didattici e gli aspetti etici del suo operare. Ecco, dunque, la C di curiosità, la V di valutazione e la M di memoria alternarsi alla L di libertà, alla O di onestà o alla I di interculturalità, in una tessitura multicolore in cui le voci si rincorrono e si completano, ribadendo ad ogni pagina l’impossibilità di riconoscere a Manzi una intenzionalità univoca.
Il senso dell’educare
Sempre, in classe o in televisione, tra gli indigeni del Sud America dove si è recato per anni o nelle pagine dei sussidiari e dei romanzi, il suo intento è quanto meno duplice e apprendere non è mai fine a sé stesso: insegnare per educare, educare per risvegliare il pensiero, pensare per creare comunità e condivisione, condividere per trasformare se stessi e il mondo, prendendo su di sé tutte le responsabilità della libertà, senza paura di ribellarsi o disubbidire perché «quando si hanno dei valori e delle cose da dire, se la gabbia della procedura è stupida non bisogna esitare ad infrangerla».
Libertà interiore
È questo principio a guidarlo nella prima esperienza educativa al carcere minorile “Aristide Gabelli”, quando si gioca a scazzottate la possibilità di fare il maestro con uno dei 94 ragazzi detenuti, giovani a cui porterà di nascosto carta e matite vietate dal regolamento. E quando sul terrazzo della scuola allestisce un microcosmo di girini, piante, pappagalli e vasche di pesci dove sperimentare e imparare osservando la natura e facendo esperienza. O quando – più volte – si rifiuta di mettere voti ai suoi alunni chiedendo alla commissione disciplinare che lo accusa di omissione di atti d’ufficio:
«Il mio lavoro è aiutare il bambino o aiutare lo Stato a fare gli atti d’ufficio?» (e se oggi migliaia di docenti si rifiutassero di riempire tutta la modulistica richiesta, quante ore di lezione, di fare, di incontro avrebbe la scuola a disposizione?).
E, ancora, quando alla Rai prese la scaletta del provino di Non è mai troppo tardi e la buttò nel cestino per fare di testa sua, rivelando intuizioni mediatiche davvero sorprendenti.
Un’eredità preziosa
Rileggendo i suoi romanzi, da Orzowei a Grogh, riguardando le sue molte trasmissioni televisive, da Educare a pensare a Impariamo insieme, il suo agire poliedrico, il profondo senso civico, lo sguardo inclusivo e la tensione interculturale decisamente precorritori, la fiducia incrollabile nell’altro e nella relazione, la creatività appassionata del suo scoutismo pedagogico rifulgono come aspetti di una eredità che è oggi importante raccogliere. Il libro di Tania Convertini è dunque un viaggio prezioso per non relegare Alberto Manzi, un uomo dalle tante vite, come recita il titolo della biografia scritta dalla figlia Giulia, alla stagione felice e tramontata della cooperazione educativa, e invece (ri)scoprire la sua figura piena di carisma affinché sia di ispirazione e contagio nelle sfide della scuola e dell’educare.
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